Gloria! Un film sulla forza dell’arte

Gloria! è la prima fatica registica di Margherita Vicario, cantautrice e attrice, figlia e nipote d’arte (se avete sentito Amadeus ringraziare Stefano Vicario durante i suoi cinque Festival, ecco, si tratta di suo zio, regista). Forse ve la ricordate giovanissima come Nina – figlia illegittima di Giulio (Amendola) – nei Cesaroni, serie diretta per qualche anno da suo padre, o insieme a Riccardo Scamarcio in To Rome with Love di Woody Allen. Il suo debutto cinematografico dimostra come questa giovane artista, nonostante gli avi ingombranti, abbia un suo punto di vista, un suo messaggio e una sua estetica indipendenti e ben definiti. Del film ha curato non solo la regia, ma anche la sceneggiatura – insieme ad Anita Rivaroli – e la colonna sonora – insieme a Dade (Linea 77). Il valore del film è stato subito riconosciuto dalla critica, tanto da aggiudicarsi ben due nomination al Festival del Cinema di Berlino.

Ma veniamo al sodo. Gloria! è ambientato nel marzo del 1800. Si tratta, quindi, di un film in costume e posso già anticiparvi, senza fare spoiler (non ce ne saranno per tutto l’articolo), che nella scena finale le ragazze protagoniste indossano dei bellissimi e storicamente accurati abiti in stile impero. Per un amante della moda, vale la pena già solo per questo.

In modo non sorprendente da parte di una cantautrice, la vera protagonista di questo film è proprio lei, la musica. L’ispirazione per il film è venuta a Vicario dopo la scoperta dell’esistenza di alcuni istituti di accoglienza per sole donne, per la maggior parte orfane ma, più in generale, per tutte coloro che erano considerate scarti della società. In questi luoghi venivano richiuse ed educate alla musica. Quest’ultima che, però, erano costrette a suonare solamente dentro le mura dell’istituto o, tutt’al più, della Chiesa. Suonavano, infatti, in gloria di Dio, ed era totalmente inconcepibile che lo potessero fare come libere professioniste, in gloria di loro stesse. Di queste donne non si sa praticamente nulla, le uniche che conosciamo erano figlie, mogli, sorelle di compositori famosi. Il film di Vicario, allora, nasce proprio per recuperare le loro storie dal passato e restituirle al presente.

Lo fa peraltro, con un cast di tutto rispetto. Elio, di Elio e le Storie Tese, brilla di luce propria in un cameo tenero quanto potente. Paolo Rossi – il comico, non il mitico calciatore – dà tutto sé stesso in un’interpretazione sofferta del prete e compositore Perlina, un uomo dalle grandi ambizioni ormai frustrate, che sfoga la sua disperazione sulle ragazze dell’istituto, e il suo amore represso su un giovane ragazzo che approfitta di lui. Molto convincente la performance di Veronica Lucchesi, la metà femminile del duo La Rappresentante di Lista, con cui Vicario aveva già collaborato sul palco di Sanremo nel 2022. La cantante-attrice in un’intervista per Amica sottolinea uno dei punti forti di questo film, la coralità. I personaggi compiono un loro personale percorso di crescita «però poi è nell’unione, nell’insieme che ritrovano la forza».

Arriviamo allora alla trama. Una delle ragazze, Teresa (Galatea Bellugi), anche detta “la muta”, si trova presso l’istituto come cameriera, non ha accesso alle lezioni di musica, ma se ne appassiona visceralmente, anche grazie ai piccoli strumenti musicali confezionati per lei, regalati da Romeo (Elio). Quando si accorge dell’arrivo di un misterioso pianoforte inizia a passare le notti, di nascosto, a suonarlo. La ragazza, suonando solamente “a orecchio” dà vita a una musica completamente diversa a quella insegnata alle sue compagne, moderna, quasi pop. Quando anche loro si aggiungono a queste riunioni musicali notturne avviene la vera magia. La precisione di Lucia (Carlotta Gamba), una delle ragazze più talentuose, che si dedica anche alla composizione di pezzi inediti, si incontra con l’estro di Teresa. Proprio grazie alla pratica musicale, le ragazze si riappropriano del proprio tempo, del proprio corpo, della propria voce, uno strappo simbolico alle catene con le quali sono imprigionate all’interno dell’istituto. Una musica che libera, quindi. Un messaggio forte e condivisibile, forse, però, un po’ ingenuo, viste le difficoltà di vario genere che devono affrontare i musicisti nel nostro paese, ma non solo. La storia di queste ragazze si svolge nel contesto dell’elezione del nuovo Papa, Pio VII, che a breve verrà da loro in visita. Per l’occasione, a Perlina viene chiesto di comporre un brano all’altezza dell’ospite. Il vecchio compositore, però, fa molta fatica.

Per concludere, un cenno alla regia. Una delle prime scene è anche tra le più forti del film: nell’immaginazione di Teresa, i rumori del lavorio quotidiano all’istituto – la scopa passata sul pavimento, i panni strofinati al lavatoio, le grida dell’istitutrice – si trasformano in una sinfonia. Gli stacchi delle inquadrature seguono il ritmo della musica, sembra di guardare un videoclip. Quest’impressione si avrà più volte durante la visione. Uno stile registico, quindi, molto contemporaneo, incalzante, forse un po’ troppo per spettatori abituati a ritmi più distesi e pacati.

Nel complesso, si tratta di un film che vale assolutamente la pena di vedere. Margherita Vicario ha messo tutta la sua passione e la sua arte al servizio di questa storia, intrinseca di donne forti ma anche fragili, alcune volte talentuose, troppe volte dimenticate.

Giulia Menzio

Lascia un commento