Trascrivere le [paˈroːle]: quali possibilità ci regala ogni singolo suono?

Nell’arco di una giornata quotidiana ogni persona pronuncia una quantità a dir poco innumerevole di parole, le quali possono andare dalla più banale e di uso comune a quella un po’ meno conosciuta e del quale non si ha a mente il proprio significato. Queste, come ci insegnano nel momento in cui si iniziano ad affrontare i primi passi di un lungo percorso scolastico, possono essere scritte tramite l’utilizzo dell’alfabeto latino, ed è tramite questo tipo di scrittura che normalmente le leggiamo. Tuttavia, non tutte le pronunce sono le stesse e basterà fare un poco di attenzione in più per accorgersi tramite l’ascolto che una stessa parola può essere pronunciata in un modo nel Nord Italia e in un altro al Sud: questo potrebbe cambiare qualcosa? La risposta è sì e potrebbe essere dunque interessante allargare il proprio orizzonte di conoscenza andando alla scoperta di un altro alfabeto, il cui compito è quello di darci la possibilità di trascrivere foneticamente la pronuncia della parola presa in esame: stiamo parlando dell’IPA, acronimo di International Phonetic Alphabet.

Per alfabeto fonetico internazionale si intende l’insieme dei simboli impiegati per la rappresentazione grafica dei suoni di una lingua. Nella prima delle due tabelle sopraindicate troviamo le consonanti organizzate nel seguente modo:

  • in colonne, secondo il luogo di articolazione, ovvero il punto dell’apparato fonatorio in cui la consonante è prodotta;
  • in righe, secondo il modo di articolazione, ossia quale è il modo in cui vengono prodotte;
  • infine, all’interno delle varie caselle possiamo trovare due possibilità, ove in quella di sinistra vi è il tratto sordo mentre in quello di destra il corrispettivo sonoro [l’esempio più classico è quello della fricativa alveolare di casa, che può essere realizzata come sorda (s, pronuncia tipica meridionale) o sonora (z, corrispettiva tipica dell’area settentrionale della penisola)]. Se invece all’interno di una troviamo una sola possibilità ciò significa che la consonante è da considerarsi intrinsecamente sonora (un esempio è la n, indicata come nasale dentale).

Nella seconda, invece, abbiamo la rappresentazione di ciò che viene indicato come trapezio vocalico dove le vocali sono suddivise in tal modo:

  • in colonne, secondo lo spostamento della lingua verso l’alto, ovvero alte, medie e basse;
  • in righe, secondo l’articolazione della lingua, ovvero anteriori, centrali e posteriori;
  • un’ulteriore curiosità, utile ad un’eventuale trascrizione, ci viene data ulteriormente dalla “e” e dalla “o”, che possono essere pronunciate sia come chiuse (e, o) che come aperte (ɛ, ɔ).

Tutto questo, una volta assimilato viene rappresentato tramite la trascrizione fonetica di cui un esempio può essere dato dalla parola efficientamento, ovvero [ef:itʃenta’mento] la quale, una volta presa in esame, ci permette di osservare che:

  • la trascrizione fonetica va fatta sempre all’interno delle parentesi quadre [], trattandosi di un sistema di notazione;
  • i : in questo caso indicano che la f è lunga (nella parola è doppia), quindi in questo caso indicano che il suono che lì precede è lungo;
  • tʃ è il simbolo rappresentante l’affricata palatale sorda, ciò che nella grafia storica viene indicata con la c (efficientamento, la c all’interno dell’IPA esiste ma indica qualcos’altro);
  • l’apice () segnala la posizione dell’accento all’interno della parola e va posto prima della sillaba su cui esso ricade (in questo caso la sillaba -men-);
  • la seconda i (efficientamento), poiché non viene pronunciata nonostante sia scritta tramite la grafia storica, non viene trascritta foneticamente.

Un secondo esempio di facile trattazione ma presentante una peculiarità piuttosto curiosa può essere dato dal termine casa, ovvero [ˈkaːza] o [ˈkaːsa] dove:

  • la k, ovvero l’occlusiva velare sorda, rappresenta ciò che prima mostravamo come affricata palatale sorda e che nella grafia storica si rappresenta per entrambi i casi con la c;
  • la z/s è invece una semplice variante per pronunce differenti, dove nel primo caso viene pronunciata come fricativa alveolare sonora tendenzialmente al Nord mentre al Sud come fricativa alveolare sorda (ed ecco la risposta empirica alla nostra domanda iniziale!);
  • in quest’altro caso notiamo anche una regola fondamentale: una sillaba tonica è da considerarsi intrinsecamente lunga quando è libera, ovvero terminante per vocale come in ca-sa (nel caso precedente la sillaba, nonostante fosse tonica, non era lunga poiché implicata, ovvero terminante per consonante come in ef-fi-cien-ta-men-to).

Terminato questo breve excursus possiamo renderci dunque conto delle innumerevoli cose che potremmo imparare se solo venissimo vinti dalla più semplice delle curiosità che la conoscenza ci può offrire e, soprattutto, tutto ciò che verrà dopo una volta preso il via. Cliccando qui, chi vorrà saperne di più potrà dunque avviare l’inizio di un nuovo percorso affiancato da una lettura consigliata di Berruto G., Cerruti M., La linguistica: un corso introduttivo, UTET De Agostini, 2022 (ISBN 9788860086631). Restando a disposizione per qualsivoglia chiarimento, non resta che augurare un buon divertimento a chi lo desidererà.

Andrea Bordonaro

Le due tabelle sono state riportate dai seguenti link:

https://www.open-minds.it/blog/alfabeto-fonetico-e-inglese/ https://www.lfsag.unito.it/ricerca/phonews/05/5_4.pdf

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