BookTok: la fine o l’inizio della letteratura odierna?

Negli ultimi anni, BookTok ha preso d’assalto il mondo dei social media, diventando una delle piattaforme più popolari tra gli amanti della lettura. Su BookTok gli utenti condividono recensioni, consigli di lettura e di scrittura e molto altro. Grazie alla sua natura visiva e immediata, la piattaforma è riuscita a diventare estremamente significativa sul piano editoriale: negli ultimi anni, i libri – e i brani musicali – più venduti sono stati proprio quelli sponsorizzati dalla piattaforma. Spesso, molti libri che avevano ricevuto poca o nessuna considerazione da parte della critica ufficiale hanno poi trovato una seconda vita su BookTok, diventando bestseller improvvisi e guadagnando un pubblico dedicato. A questo proposito, è lecito chiedersi: è corretto che il mondo della letteratura venga governato da un social network?

Booktok, infatti, fa in modo che una serie di figure di nessuna competenza – semplici amanti della lettura oppure influencer pagati per fare pubblicità – determinino le tendenze del mercato editoriale mondiale. I libri promulgati da BookTok sono spesso (ma non sempre!) produzioni dallo scarso valore letterario; non opere, appunto, ma prodotti, studiati appositamente per attecchire entro una determinata fascia d’età; a questo proposito, si pensi al successo dei romanzi rosa, spesso letti da ragazzine durante la prima adolescenza. Le case editrici finiscono così per promuovere – attraverso la pubblicità ingannevole sul social – questo tipo di “letteratura” dalla vendita facile, preferendola a quella con del reale valore letterario.

Dall’altro lato, tuttavia, bisogna riconoscere il ruolo di BookTok verso la democratizzazione della letteratura. Infatti, il rischio della critica accademica è proprio quello di formulare giudizi di colti per colti, di produrre un dialogo solo entro una piccola cerchia elitaria. A favore dei critici, comunque, resta il fatto che le opere vengano valutate secondo i canoni di abilità tecnica, originalità nella scrittura, profondità della vicenda, lascito dell’opera… tutti fattori che certamente misurano il valore letterario e che sono fondamentali per l’assegnazione di premi come il Campiello o Lo Strega.

Nonostante ciò, l’indubbia competenza dei critici nell’individuazione delle opere più interessanti non è sufficiente a giustificare un’ipotetica imposizione del loro gusto su scala universale. Infatti, come si può imporre a un pubblico cosa sia più giusto e arricchente da leggere? Certamente io non ritengo che si debba essere per forza critici letterari per esprimere dei giudizi sulla letteratura; tuttavia, nemmeno sono soddisfatta dal circolo vizioso instaurato da TikTok. Questa democratizzazione della letteratura rimane un fenomeno grigio, ovvero composto sia di pro che di contro. Non è pertanto mia intenzione fornire una risposta agli interrogativi finora formulati, ma vorrei spostare il focus della riflessione sulla tematica dell’arte resa industria. È dall’inizio della società del consumo che l’arte stessa è assoggettata al ciclo commerciale di vendita, fruizione in poco tempo e immediato accantonamento, per lasciare il posto a nuove opere da vendere, utilizzare e buttare, e così via. Questo meccanismo ha svuotato di valore tante produzioni artistiche, sia nel campo letterario, sia (soprattutto) nel settore musicale. BookTok è, a mio avviso, l’ennesimo fenomeno che rende l’arte un mero commercio, l’ennesimo caso in cui degli imprenditori (in questo caso gli editoriali) pubblicizzano dei prodotti al solo scopo di creare profitto.

Per riassumere, sul piatto della bilancia abbiamo – come detto – una maggiore diffusione e accessibilità della produzione artistica tra la popolazione; dall’altra abbiamo un meccanismo che richiede di mettere al primo posto vendita e guadagno sopra a contenuto ed abilità. Non mi sembra perciò esagerato dire che siamo entrati in una nuova fase della letteratura, forse una fase di crisi, data dalla volontà di riequilibrare le dinamiche in gioco e ridare alla letteratura i valori di spontaneità e apertura che la contraddistinguono.

Marta Costa

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