Alla scoperta di Teach For Italy: il racconto di Maddalena Meucci

Teach For Italy – Insegnare per l’Italia (TFI) è un’organizzazione non profit nata nel 2020, inserita nel network globale di Teach ForAll, attivo sin dagli anni ‘90 e attualmente presente in sessantadue paesi del mondo. L’obiettivo centrale di Teach For Italy è di contrastare le disuguaglianze sociali facendo del contesto scolastico il perno delle sue attività. Per far questo l’organizzazione recluta, seleziona e forma dei docenti (i fellows di Teach For Italy) con il fine che questi sviluppino un impatto ‘trasformativo’, a partire dalle classi, nel contesto più ampio dell’ecosistema educativo italiano.

A tal proposito abbiamo intervistato Maddalena Meuccifellow del programma Teach For Italy!

Ciao Maddalena, raccontaci perché hai scelto di far parte del progetto TFI!

Ho deciso di fare domanda nell’Aprile del 2021; nell’ottobre 2020 mi sono laureata e due giorni dopo ho iniziato la mia prima supplenza in un liceo di Livorno tramite la Messa a Disposizione. Ero quindi al mio primo anno di insegnamento e ho conosciuto Teach For Italy grazie al suggerimento di un’amica. Leggendo le informazioni presenti sul sito ho capito che poteva essere un’esperienza perfetta: da un lato per ricevere una formazione mirata come insegnante, dall’altro per mettere a frutto quanto avevo appreso dalle mie esperienze come volontaria a Siena, la città dove sono nata, e in Africa. Sentivo la voglia di mettermi in gioco nei contesti in cui di scuola ce n’è più bisogno. Ero affascinata dall’idea di avere un tutor didattico che monitorasse i miei progressi come docente e volevo tornare a respirare l’aria di una realtà internazionale. Stuzzicata dall’idea dello stage estivo e dalla possibilità di collaborare con altri 60 paesi del mondo, ho fatto domanda. Ed eccomi qua!

Come descriveresti il progetto “Teach For Italy” per chi non lo conosce?

Teach for Italy nasce con l’ambizioso obiettivo di contrastare quelle che sono le disuguaglianze educative in Italia; lo fa sulla scia e con il supporto di una rete internazionale, “Teach for All”, nata dall’esperienza di Teach For America negli anni ‘90. Per farlo, Teach For Italy recluta, seleziona e forma ogni anno giovani talenti italiani e li segue in un percorso di due anni, orientandoli a insegnare nelle scuole di contesti nei quali è più acuta la sfida connessa al contrasto alla povertà educativa. Dopo la selezione, durante l’estate, partecipiamo ad una Summer School intensiva che ha lo scopo da un lato di fornire tutte le informazioni e le competenze utili all’attività di docente e dall’altro di mettere subito sul campo quanto appreso, facendo pratica didattica nei centri estivi organizzati da associazioni del terzo settore che sono partner di Teach for Italy. Inoltre siamo stimolati a considerare la didattica in connessione diretta con il contesto intorno agli studenti, coinvolgendo quindi anche la “comunità educante”. Dopo queste sei settimane siamo pronti per l’ingresso in classe; lo staff ci supporta nella fase di placement, mappando le scuole presenti nei contesti più svantaggiati dove il nostro lavoro potrebbe essere più utile, ma dove al tempo stesso in pochi vogliono andare ad insegnare. Tra il primo e il secondo anno di fellowship abbiamo la possibilità di partecipare a stage estivi organizzati grazie alle numerose partnership con associazioni del terzo settore e realtà legate al mondo dell’educazione. Durante i due anni scolastici siamo seguiti da un coach didattico-pedagogico per lavorare alla nostra crescita rispetto alle dimensioni di leadership personale, di classe e di sistema. A tutto questo lavoriamo con sessioni individuali e di gruppo, divisi per area di insegnamento, per livello di scuola e guidati da tutor esperti in diverse aree disciplinari. Tre volte all’anno inoltre ci troviamo tutti insieme per dei ritiri in presenza, i retreat, in cui abbiamo modo di confrontarci di persona tutti insieme tra tutti i fellow e lo staff di Teach For Italy. Ad oggi siamo più di 50 fellows!

Qual è il ruolo di una o un “fellow”?

Il fellow diventa un insegnante, che noi definiamo ‘trasformativo’. Arricchito dalla formazione iniziale e monitorato nella sua crescita attraverso sessioni individuali e collettive, entra in classe ogni giorno consapevole di poter fare la differenza. Cerca di adattare la didattica in base a quelle che sono le esigenze della classe che ha davanti; valorizza la specificità di ogni alunno e crede in una scuola che possa davvero essere per tutti, in cui tutti abbiano modo di trovare la loro strada; indipendentemente dalla famiglia di provenienza, dalla città e dalle condizioni socio-economiche. Per questo motivo il fellow si attiva anche per analizzare e comprendere quanto più possibile il territorio in cui opera, in modo che le sue azioni siano guidate da quelle che sono le reali esigenze degli studenti.

Sono necessarie specifiche competenze per diventare una o un “fellow”?

Non è necessario essere già insegnanti. Credo che quello che conti davvero sia credere nel progetto, nei suoi ideali, nella missione che ci impegniamo ad intraprendere. E’ importante avere la voglia di mettersi in gioco, di voler dialogare con se stessi, di accettare le critiche e i feedback in maniera costruttiva, pensando che tutto può contribuire alla realizzazione degli obiettivi che ci prefiggiamo come singoli, come classe, come scuola e come sistema educativo in toto. Sul piano pratico è necessario essere in possesso di una laurea magistrale (da conseguire entro giugno 2023), avere una buona conoscenza della lingua inglese ed essere flessibili qualora ci sia la necessità di trasferirsi in un’altra città. Ma si può già essere anche iscritti in GPS e con la novità di quest’anno dell’apertura delle candidature anche ad insegnanti di ruolo.

Pensi che questa esperienza ti abbia cambiata e se sì come ti ha fatta crescere?

Tra le varie frasi slogan che abbiamo scelto, la mia preferita è “Cambi tu, cambiano loro, cambia il futuro!”. Credo che riassuma in modo eccezionale il concetto che un vero cambiamento sistemico della scuola e del sistema educativo debba partire da quanto accade in classe. Sul luogo di lavoro ci siamo noi, con i nostri punti di forza e le nostre debolezze. Se non fosse per il supporto che ricevo costantemente dal mio coach, dai miei co-fellows e dalla comunità di cui mi sento parte non sarei arrivata fino a qui. Teach for Italy chiede ogni giorno di fermarci a riflettere e, conseguentemente, di scrivere quanto accade in classe, chiede di mettere nero su bianco quelli che sono i nostri obiettivi, quelli per i nostri studenti e chiede di elencare quali sono i passi intermedi che servono per raggiungerli. Un lavoro del genere non può che avere delle conseguenze enormi su noi stessi in primis. Quello che tento di insegnare ogni giorno ai miei studenti è in realtà il lavoro che faccio prima su di me. Non ricordo un’altra esperienza di crescita simile nella mia vita adulta.

Qual è il ‘bagaglio’ di esperienza che hai ottenuto dopo la fellowship?

Potrei elencare moltissime cose dal punto di vista pratico, infatti molte delle nostre sessioni di formazione sono veri e propri case-study: ho un problema in classe, come lo affronto? Come lo risolvo? Quali strategie posso usare? Materialmente abbiamo quindi un vero e proprio elenco di tecniche e metodi di insegnamento da adottare di classe in classe, a seconda dell’esigenza e della specificità degli studenti. Inutile dire che ho visto immediatamente la differenza tra il mio primo anno da insegnante, entrata in classe a due giorni dalla laurea, senza formazione e improvvisando secondo il buon senso, e i miei due anni da insegnante-fellow. Sento di avere molto da imparare, ma so di avere un quaderno degli appunti colmo di strumenti che posso implementare al bisogno e mi sento decisamente più sicura di entrare in classe.

Avevi qualche timore prima di iniziare?

Davanti a questa domanda racconto sempre la stessa storia. Dopo il primo pomeriggio di formazione online ho spento il PC e ho pianto! Sentivo di avere davanti un impegno molto grande, che mi avrebbe portato via tempo, risorse ed energie. Non nego di essermi detta: “Ma chi me lo ha fatto fare!”. Ho riconosciuto quel pianto solo dopo; quando l’ho paragonato al pianto della sera prima della mia laurea, oppure a quello sull’aereo diretto per lo Zambia. Stava iniziando qualcosa di grande, qualcosa che mi avrebbe cambiata e, come tutte queste cose, mi spaventava.

Cosa consiglieresti ai ragazzi che hanno voglia di intraprendere questo percorso e che vorrebbero candidarsi? 

Consiglio la candidatura a tutti coloro che hanno voglia di mettersi in gioco, che si rivedono negli ideali di Teach for Italy e che immaginano una scuola diversa. E’ il programma adatto a voi se credete che le cose possano davvero cambiare, se vi stimola l’idea di appartenere a una comunità globale che lavora per gli stessi obiettivi, e se vi entusiasma l’idea di attuare ogni giorno in classe una piccola rivoluzione!

Le candidature per partecipare al programma di Teach For Italy sono ora aperte. Per maggiori informazioni e per candidarsi: https://www.teachforitaly.org/il-programma/candidati

Lascia un commento