Tutto è iniziato su TikTok, dove è in atto l’ennesima inutile protesta guidata dalla generazione Z.
Per chi non avesse ben chiara la distinzione tra boomer, millennials e zoomers (generazione Z appunto), basta chiarire che a quest’ultima prendono parte tutti i nati tra il 97 ed il 2003 circa. Per intenderci, tutti i giovani che attualmente vivono il periodo a cavallo tra fine delle superiori, università e tentativi di ingresso nel mondo del lavoro. La generazione degli ultimi arrivati (a cui appartiene anche chi scrive), nonostante cerchi da tempo di scrollarsi di dosso lo stereotipo di quelli che “stanno sempre con il telefono in mano”, soffre di danni alla propria reputazione per colpa di episodi legati all’uso dei social. Ciò che è accaduto si e consumato tra tra Twitter e TikTok, avviato da alcuni zoomers con idee e priorità (a quanto pare) molto distanti dagli altri militanti della stessa generazione che, come detto prima, cercano di distaccarsi dai soliti stereotipi che li ritraggono come dei buoni a nulla.
L’avvio dell’ennesima polemica sterile e priva di fondamento è avvenuto quando alcuni giovanissimi hanno d’improvviso iniziato ad ascoltare Eminem. La canzone presa di mira è Love the Way you Lie, creata insieme a Rihannna nel 2010 (ben 11 anni fa), in cui le rime scandalose sarebbero :
“If she ever tries to f—kin’ leave again, I’ma tie her/ To the bed and set this house on fire”
(“Se lei prova di nuovo ad andarsene / La lego al letto e brucio la casa”)
Le parole del rapper più famoso al mondo sembrano aver indispettito le sensibili orecchie di alcuni zoomers e sarebbero state accusate di misoginia ed istigamento alla violenza domestica. La critica sarebbe stata mossa, guarda caso, senza dar conto del contesto in cui le parole sono state scritte. Chi conosce e ascolta già Mr. Marshall Mathers non si stupisce affatto di tali versi e sa benissimo che, se sono contenuti crudi che si vanno cercando, la discografia di Slim Shady ha davvero tanto da offrire; non ci si può certo fermare a una hit da radio (di enorme successo all’epoca).
Ma, nonostante tutto, l’ira dei giovanissimi sembra essersi attivata e l’indignazione è tanta da far pensare che gli effetti perversi del politically correct possano essere retroattivi, tanta da potersi illudere che questi effetti possano scalfire la carriera musicale di un mostro sacro del rap internazionale. L’illusione è forte a quanto pare, perché alla fine l’hashtag #CancelEminem è stato creato, insieme all’intenzione (il come rimane un mistero ) di cancellare un’intera carriera.
Con la campagna che inizia a diventare più virale, è arrivato anche l’intervento di Rihanna, che si e trovata costretta a spiegare concetti davvero semplici di interpretazione delle parole in una canzone. Se si tratta poi di rap, dove la forza delle parole è lo strumento principale per comunicare un messaggio, allora da semplice il concetto diventa elementare.
Sembra strano doverlo specificare, ma l’uso di determinate parole o metafore, che possono sembrare fin troppo esplicite, sono utilizzate invece appositamente per dare la giusta importanza a concetti che altrimenti non godrebbero della stessa attenzione.
L’hashtag ha continuato a circolare per qualche altro giorno, dopodiché lo stesso Eminem ha “risposto” alle “accuse”. Consapevole del fatto che l’intera questione non meriti una vera a propria dichiarazione, il rapper che detiene più record musicali del suo genere si è limitato a riportare alcune rime di un suo recente pezzo, Tone Deaf, tratto dall’album “Music to be murdered by”, in cui tutti i dubbi su sue eventuali preoccupazioni in merito vengono risolti :
“I can’t understand a word you say, I’m tone deaf. I think this way I prefer stay, I’m tone deaf. / I won’t stop even when my hair turns grey, I’m tone deaf. ‘Cause they won’t stop until they cancel me”
(“Non capisco una parola di quello che dici, perché sono sordo. Credo, a questo punto, che preferirò restare, perché sono sordo / Non smetterò nemmeno quando avrò i capelli grigi, sono sordo. Perché loro non smetteranno fino a che non mi cancelleranno”)
Antonio Ruggiero