L’occupazione di Palazzo Nuovo è finita: facciamo il punto

Nel corso della storia si sono susseguiti diversi periodi durante i quali gli studenti di tutto il mondo hanno preso l’iniziativa di occupare le università. In Italia è successo nel ’68 – che fu un’ondata globale di proteste – poi nuovamente con il Movimento del ’77 e, alla fine degli anni Ottanta, con quello della Pantera, due casi specificamente italiani. Si tratta di una modalità con la quale gli studenti diventano protagonisti di rivendicazioni di diverso tipo, che possono andare dalla denuncia del classismo delle istituzioni scolastiche alla critica verso la pretesa neutralità dell’insegnamento universitario. Movimenti di occupazione possono nascere anche dalla protesta nei confronti di uno specifico provvedimento, come avvenne nel 1989 nel caso della riforma Ruberti.

Nel 2024, in seguito all’inasprirsi della situazione di conflitto in corso nella striscia di Gaza, alcuni studenti hanno iniziato a occupare università negli Stati Uniti come la Columbia di New York e la UCLA di Los Angeles. A partire da quel momento il movimento di occupazione si è esteso in Europa arrivando anche in Italia, dove negli ultimi due mesi sono stati occupati una ventina di atenei. A Torino l’occupazione, a partire dal 13 maggio, ha riguardato il Politecnico, la facoltà di Fisica e la sede di Palazzo Nuovo, che io ho frequentato, in quanto studentessa di Lettere, e sulla quale, per questo motivo, si concentrerà l’articolo.

Quali sono le richieste di questi studenti? In primo luogo, una presa di posizione da parte degli atenei sulla situazione in corso in Palestina. Dal lato più pratico, si tratta essenzialmente della richiesta di maggiore trasparenza riguardo gli accordi e le collaborazioni accademiche con istituzioni, aziende e università israeliane, e della rescissione di questi quando vadano a riguardare interessi bellici.

Da subito il movimento ha espresso chiaramente la necessità di un incontro e di un dialogo con il rettore Stefano Geuna e con gli organi amministrativi. Dopo l’annuncio che la seduta del Senato accademico del 21 maggio sarebbe stata spostata online, gli studenti hanno portato l’occupazione anche al rettorato. La seduta è stata poi del tutto rinviata. Il giorno successivo si è tenuta un’assemblea aperta al corpo docente, durante la quale è stato presentato un documento riguardante il boicottaggio accademico, redatto con la collaborazione della professoressa Alessandra Algostino, prima firmataria. Secondo la docente di diritto costituzionale «Lo spostamento online delle sedute degli organi e ora la sospensione delle sedute non sono un buon segnale di dialogo nei confronti delle istanze della comunità accademica. […] Lo riteniamo un segnale grave di mancanza di democrazia in ateneo». Il documento si basa sulla pratica del BDS, che sta per Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni. Si tratta di un movimento, all’interno del quale molti ebraici progressisti svolgono un ruolo chiave, che nasce nel 2005 dalla società civile palestinese, con l’appoggio di sindacati, chiese, ONG, reti di rifugiati, organizzazioni di donne, associazioni professionali, comitati di resistenza popolare e altri organismi. È, inoltre, un movimento che con gli anni sta acquisendo sempre più sostenitori nel mondo.

La successiva seduta del senato accademico, programmata per il 30 maggio, viene nuovamente spostata online. Per questo motivo quattro studenti decidono di incatenarsi ai cancelli del rettorato.  Un primo incontro con il rettore Geuna risale al 5 giugno, dopo 24 giorni di occupazione. In quest’occasione gli studenti ottengono un’assemblea aperta per l’11 giugno e una seduta straordinaria del senato per il 13. È proprio l’11 giugno che il movimento di occupazione ottiene una prima vittoria: al dipartimento di Cultura Politiche e Società viene approvata la mozione sul boicottaggio. Il 13 altri obiettivi vengono raggiunti, come la garanzia di trasparenza sugli accordi tra università e soggetti terzi e la creazione di un nuovo organo, con la partecipazione degli studenti, che si occuperà di valutare questi accordi. La seconda vittoria vera e propria arriva proprio il 19 giugno, questa volta la mozione sul boicottaggio viene approvata dalla facoltà di Psicologia.

Nel corso di questi giorni Palazzo Nuovo ha ospitato diversi cineforum, mostre d’arte, sessioni di didattica alternativa e dibattiti. Inoltre, sono state organizzate serate musicali con artisti come Cosmo, Furgofunk e i Subsonica. La riflessione sulla situazione in Palestina, poi, si è ampliata a comprendere riflessioni sul colonialismo in generale, come quello subito dal popolo curdo e da quello guatemalteco, sul militarismo e sui numerosi conflitti in atto a livello globale.

Dall’altro lato, molti studenti hanno manifestato insofferenza per alcuni disagi legati all’occupazione, tra questi l’impossibilità di accesso alle biblioteche interne a Palazzo Nuovo, il ritorno alla didattica a distanza e l’incertezza riguardo la ricollocazione della sessione esami estiva.

Il 19 giugno il movimento Intifada Studentesca ha annunciato sulle sue pagine social la smobilitazione del presidio delle tende a Palazzo Nuovo in direzione di nuove modalità di lotta.

Per rimanere aggiornati e per approfondire:

Instagram: @intifadastudentescatorino

@politoforpalestine

@fisicaperlapalestina

Telegram: @tendexlapalestina

Qualche risorsa utile: https://linktr.ee/studentipergaza

Sulla pratica del BDS: https://bdsitalia.org/index.php

Fonte immagine in evidenza: quotidianopiemontese.it

Giulia Menzio

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