Guerra in Ucraina: intervista a Simone Pieranni.

Il 2 marzo 2022 ho avuto l’occasione di intervistare Simone Pieranni e parlare con lui dell’attuale scontro in Ucraina. Di seguito potete trovare il testo integrale dell’intervista.

Prima di iniziare però, una breve presentazione di Simone Pieranni. Simone Pieranni è uno dei fondatori di China Files, agenzia editoriale con sede a Pechino che collabora con canali italiani con reportage e articoli sulla Cina. Dal 2006 al 2014 ha vissuto in Cina, scrivendo per media italiani e internazionali. Inoltre, lavora alla redazione esteri de Il Manifesto. Insieme a Giada Messetti, è, poi, autore del podcast sulla Cina Risciò, prodotto da Piano P. È anche autore di numerosi libri tra cui Brand Tibet (Derive Approdi, 2010), Cina Globale (Manifestolibri, 2017), il romanzo Genova Macaia (Laterza, 2017), va Red Mirror, il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020) e La Cina nuova (Laterza, 2021).

Quali sono le principali ragioni storiche e attuali che hanno portato al conflitto?

Per le origini storiche, potete tutti leggere e ascoltare il discorso che Putin ha tenuto per più di due ore, perché è chiaro che lui ha in mente la Russia addirittura pre-URSS, parlando di “anima russa”. Molti storici hanno messo in luce anche le diverse contraddizioni del suo discorso, ma io non sono un esperto di storia russa, quindi non posso che affidarmi alle parole di altri. Le ragioni più recenti sono, per noi, più comprensibili. Da un punto di vista russo, c’è il “problema”, percepito anche dalla Cina, dell’allargamento ad Est della NATO; è indubbio questa si sia espansa in quei territori che un tempo erano parte del Patto di Varsavia. D’altro canto, per ragioni di sicurezza propria, Putin ha sempre voluto tenere le distanze dai Paesi NATO. Il capitolo più recente inizia nel 2014, quando il presidente dell’Ucraina era Yanukovich, filorusso. È un momento in cui vi è bisogno di soldi e il leader ucraino li chiede sia alla Russia che all’Unione Europea: iniziano delle manifestazioni, in principio molto gioiose per l’avvicinamento all’UE. Il governo di Yanukovich a questo punto risponde con l’uso di polizia, anche armata: le manifestazione prendono un’altra piega, diventano scontri veri e propri. A questo proposito possiamo capire uno dei motivi per cui Putin parla di “denazificazione”: durante degli scontri che ci furono a piazza Maidan e a Kiev ci fu una presenza cospicua di militanti di estrema destra, per esempio un gruppo che si rifà a Bandera, un nazista della SS ucraine, che aveva tentato anche di fare dei pogrom contro gli ebrei in Polonia. Inoltre, i gruppi che si sono opposti all’intervento armato della polizia erano quelli armati a loro volta, che tendenzialmente sono i gruppi più nazionalisti e di estrema destra.

La situazione è poi degenerata in conflitto nelle regioni orientali dell’Ucraina, più vicine al confine con la Russia e, in gran parte, di lingua russa. Così la dichiarazione di indipendenza da parte di Donetsk e Lugansk, due regioni del Donbass, è stata appoggiata dalla Russia che ne ha approfittato per annettere la Crimea. Nel 2014, la situazione si è fermata lì, quando era stato eletto Porošenko. Con lui, però, l’Ucraina ha messo in Costituzione la volontà di aderire alla NATO. Poi è arrivato Zelens’kyj.

È chiaro che quanto è avvenuto nel 2014 non è stato un punto finale: Putin ha continuato a insistere sul fatto che un’eventuale adesione ucraina alla NATO costituiva un pericolo per la sicurezza russa. D’altra parte, però, la NATO, o meglio il cancelliere tedesco Scholz, nel momento in cui la crisi è scoppiata, aveva fatto chiaramente capire che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non era in agenda. Forse in quel momento si sarebbe potuto trovare una mediazione, poi la situazione è degenerata: Putin ha deciso di invadere l’Ucraina militarmente, con un’offensiva che, secondo gli esperti, preparava da tempo. Aveva, infatti, già ammassato truppe al confine orientale e rafforzato il legame con Lukašėnka, salvato dalle proteste in Bielorussia del 2021. Ma sono state le basi militari in Crimea a rendere possibile l’operazione di fatto. La Russia attacca l’Ucraina dal fronte meridionale attraverso la Crimea, da quello orientale attraverso il Donbass e dal fronte settentrionale attraverso il confine russo.

Tutto ciò non rende giustificabili le ragioni che adduce Putin per l’operazione, ma spiega le cause del conflitto dal punto di vista russo. C’è anche da dire che non possiamo sapere cosa Putin abbia di preciso in testa e se il suo piano sia solo quello di neutralizzare l’Ucraina o si spinga più oltre.

Come pensi che possa evolversi l’attuale situazione? Prevedi un’escalation militare del conflitto?

Questo dipenderà dal secondo round di negoziati. Quale sarebbe la mediazione però? È difficile davvero, perché per fermare i bombardamenti si dovrebbe accontentare Putin, rendere l’Ucraina neutrale, probabilmente con un governo gradito a Mosca, un’ipotesi che non può essere accettata dall’Ucraina. Speriamo, almeno, che si arrivi a un cessate il fuoco così da poter tornare al tavolo dei negoziati, senza che nel frattempo muoiano i civili. Sulle intenzioni di Putin non posso esprimermi, anche perché le notizie che arrivano dai combattimenti sono molto frammentate e contraddittorie: sia i comandi russi che quelli ucraini utilizzano i comunicati per fare presa sulle proprie popolazioni e opinioni pubbliche.

Qual è la posizione della Cina? È mutata dall’inizio della crisi? La sua posizione di neutralità è dovuta alle tensioni interne, ad esempio Taiwan?

Bisognerebbe innanzitutto capire chi, in questo momento, rappresenta la posizione cinese, nel senso che la Cina ha una partnership con la Russia, ma aveva anche ottimi rapporti con l’Ucraina. Tuttavia ha appoggiato quasi sempre le richieste di sicurezza della Russia e le ha ribadite anche a guerra in corso. D’altra parte, Wang Yi, il ministro degli esteri cinese, è sempre stato molto chiaro nella sua posizione di rispetto dell’integrità territoriale ucraina, quindi probabilmente non sapeva delle intenzioni di Putin. E soprattutto Wang Yi ieri, (ndr. 01/03/2022) nella telefonata richiesta da Kiev con il suo corrispettivo ucraino Kuleba ha usato per la prima volta i termini “conflitto”, “guerra”. L’Ucraina ha chiesto alla Cina di mediare, ma per il momento non ci sono novità a riguardo. La Banca Centrale Cinese oggi ha detto che non parteciperà alle sanzioni economiche contro la Russia, ma allo stesso tempo sembrerebbe, da tutta una serie di mosse proprio delle banche, che queste non abbiano intenzione di andare in soccorso alla Russia. Insomma, la Cina sta tenendo, i proverbiali due piedi in una scarpa, il che, probabilmente, non porterà a risultati positivi. C’è anche da capire questa sorta di differenza delle comunicazioni: vi è un Wang Yi che sembra molto, diciamo, dalla parte ucraina, pronto a stigmatizzare la guerra e a sottolineare la preoccupazione per i civili, avvicinandosi quanto più si possa fare in un momento molto delicato, all’Unione Europea e agli Stati Uniti. Dall’altra parte Xi Jinping ha chiamato Putin e poi è stato zitto, quindi c’è da vedere se questa differenza è anche indice di una tensione interna al Partito Comunista Cinese. A questo proposito va ricordato che a ottobre c’è il XX Congresso del PCC, quindi insomma, è un momento molto delicato per la Cina.

Qual è invece la posizione dell’UE? E degli Stati Uniti?

La posizione degli Stati Uniti è sempre stata chiara fin da subito: Biden aveva promesso sanzioni pesantissime nei confronti della Russia e aveva specificato che non ci sarebbe stato un intervento militare. La posizione dell’UE invece è una posizione peculiare e nuova rispetto alla sua storia: per la prima volta si è deciso di inviare armi al governo di Kiev, oltre a sanzionare in maniera pesante la Russia, soprattutto con l’esclusione dal sistema dei pagamenti internazionali dello SWIFT, considerata la sanzione più pesante che poteva essere comminata ai russi. Tutto ciò superando anche una serie di difficoltà: sappiamo che la Germania e l’Italia, per esempio, sulle questioni energetiche erano più caute, ma alla fine, invece, si sono superati gli indugi. Diciamo che Putin, se voleva dividere l’UE, ha ottenuto, invece, il contrario, ovvero unirla ancora di più. La preoccupazione è che l’UE si unisce in nome, diciamo, di un riarmo e di un servizio di riarmo anche dell’Ucraina, anziché su questioni politiche o, al massimo, su sono frazioni di politica, come la protezione dei flussi migratori. Di fatto è cambiato tutto: questa guerra cambierà il futuro anche dell’Europa.

Vista la situazione economica della Russia, avrà questa la forza di sostenere la guerra? Con quali conseguenze sulla propria economia, considerate le sanzioni economiche?

Il problema della Russia è che più dura la guerra, più durano le sanzioni: il rischio di default è grandissimo. Non so se avete visto la faccia della capa della Banca Centrale Russa in questi giorni, durante un incontro al Cremlino: diceva tutto. La preoccupazione è forte, il Paese sarà ben presto in ginocchio dal punto di vista economico e dovrà fare i conti anche con le proteste che, abbiamo visto in questi giorni, sono represse duramente: si parla ormai di migliaia di arresti. Putin ha quindi un grosso problema interno sia a livello economico sia di stabilità politica. Il rischio è appunto quello che lo stato russo, di fatto, fallisca.

A livello di disegno geopolitico mondiale, ritieni che la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti abbia una qualche relazione con ciò che sta succedendo in Ucraina?

Non direttamente, nel senso che la questione ucraina è indipendente da quello che è lo scontro commerciale tra Cina e USA che, tra l’altro, verte più su questioni legate alla tecnologia con la guerra dei semiconduttori e via dicendo. Certo, se lo stato russo fallisce e la Cina non va in suo soccorso, vi sarà una serie di sommovimenti economici che porteranno anche a una ridefinizione dello scontro commerciale con la Cina. Teniamo però conto del fatto che le sanzioni commerciali hanno sempre una doppia faccia: da un lato colpiscono il paese che si vuole punire, dall’altra tornano anche un po’ indietro, con effetti collaterali negativi anche per i paesi che le emettono. Dovremo osservare come si evolverà la situazione, è ancora molto presto per fare valutazioni di questo tipo: bisogna vedere come reagirà l’economia russa e, soprattutto come si muoverà la Cina dal punto di vista del sostegno, anche se per ora sembra un’ipotesi piuttosto lontana. Certo è che le decisioni che prenderà la Cina si riverbereranno anche nel suo rapporto con gli USA, questo è evidente.

Ritieni che possa esserci un futuro democratico per l’Ucraina?

Al di là del fatto che ce lo auguriamo tutti? Dipende da come evolverà la guerra: è chiaro che se la Russia conquista le città più importanti, diventa difficile garantire dei processi democratici. Il problema vero è che se ciò accadrà, da una guerra di invasione, si passerà a una di occupazione con tutto ciò che conseguirà alla conquista delle grandi città ucraine, ovvero una resistenza interna, una guerra logorante. Ciò non prometterebbe bene anche per l’economia e la stabilità politica russa. Adesso, però, è ancora davvero impossibile fare queste valutazioni.

Che scenario geopolitico prevedi per il prossimo futuro?

Ragazzi, non ho la palla di cristallo! Sinceramente non lo so, sicuramente cambieranno tutta una serie di aspetti, perché è chiaro che stanno avvenendo tutta una serie di riposizionamenti. Per esempio l’India che sembra appoggiare in qualche modo la Russia, pur facendo parte del Quad, una sorta di NATO asiatica in funzione anticinese. Vi saranno, poi, i riflessi su tutto il mondo europeo: avremo un’Europa sempre più militarizzata. Ma ancora: che fine faranno, per esempio, i sovranisti che sono stati sempre “tiepidi”, se vogliamo usare un eufemismo? Cambieranno le dinamiche politiche all’interno dei Paesi, cambierà tutto. Dal punto di vista globale vi sarà una ridefinizione completa dei rapporti internazionali, nonché, forse, anche una nuova forma di tensione a livello mondiale, soprattutto se la Cina non si smarca dalla Russia. A mio avviso, la Cina sta facendo un grave errore a non prendere le distanze dalla Russia e lo pagherà, soprattutto se la Russia perderà la guerra. Quando parlo di perdere la guerra, intendo che, anche se dovesse vincere militarmente, la Russia potrebbe rimanere completamente isolata. Mi è dispiaciuto, oggi, non vedere segnali da Pechino, dato che la stessa Ucraina ha chiesto di mediare: pensavo che la Cina facesse il passo. Non lo ha fatto, vuol dire che preferisce restare in questa fase interlocutoria, però il fattore tempo è talmente decisivo che se non prendi delle decisioni, finisci per forza per subire le decisioni degli altri.

Malvina Montini

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