Into the White: il nuovo documentario su Jago

Nel panorama artistico del 21° secolo, emergono figure che, con la loro visione e talento, riescono a ridefinire i confini della creatività. Tra queste spicca il nome di Jago, scultore italiano che ha conquistato il mondo con le sue opere, tanto da essere definito dal Guardian come il «nuovo Michelangelo». Grazie alla sua pervasiva presenza sui social e all’innegabile talento nell’attualizzare i palinsesti della scultura tradizionale, Jago è presto divenuto l’artista superstar dei nostri tempi.

Non è un caso, quindi, che il 18 e il 19 giugno la storia dello scultore approderà nelle sale cinematografiche italiane. Il nuovo documentario Jago Into The White, diretto da Luigi Pingitore e presentato in anteprima al Tribeca Film Festival 2024, è infatti un inedito tributo al genio del Michelangelo dei nostri tempi, un film che vuole concentrarsi soprattutto sul suo processo creativo.

Frutto di riprese che coprono un arco di ben due anni, la pellicola, girata nello studio-museo di Jago a Napoli, documenta la realizzazione di una delle sue opere più famose, La Pietà.
Il perno del documentario è l’incontro-scontro tra l’artista e il marmo, rapporto che Pingitore definisce come una lotta «quasi antagonistica». È da questo conflitto intimo che si avvia il processo creativo di trasformazione: il marmo passa da superficie fredda e priva di vita a una scultura vibrante, carica di espressione emotiva.

Jacopo Cardillo, in arte Jago

Ma chi è Jago?

Per chi non ne avesse ancora sentito parlare, Jago, nome d’arte di Jacopo Cardillo, è giovane un artista italiano – classe 1987 – che negli ultimi anni è stato in grado di valicare i confini nostrani e conquistare una meritatissima fama internazionale. Superstar dei social, è anche grazie all’abilità di creare una connessione con il suo pubblico che Jago ha acquisito, sempre più velocemente, il suo status di scultore affermato nel panorama contemporaneo.
L’idea è sempre stata quella di rendere l’arte contemporanea il più accessibile possibile, attivando un vero e proprio processo di democratizzazione della stessa. Ma non solo: nel corso degli anni Jago ha permesso ai suoi follower di seguire da vicino il suo processo creativo, rendendolo partecipe del suo stesso lavoro.

Tra le opere più popolari, oltre a La Pietà, oggetto del documentario, è impossibile non citare Habemus Hominem (2013) e Il Figlio Velato (2017).
La prima è una reinterpretazione di un ritratto già realizzato nel 2009, il cui soggetto era l’allora Papa Ratzinger. Con la sua abdicazione nel corso del 2013, Jago ha ripreso in mano la scultura spogliando Benedetto XVI delle sue vesti papali e restituendo al pubblico la figura di un uomo come tutti gli altri, a torso nudo, lo sguardo spento.
Il figlio velato, d’altro canto, è l’opera straziante che racconta la storia delle vittime dei giorni nostri. I resti di un bambino – velato, appunto – sono testimonianza delle atrocità delle guerre e delle crisi moderne, e di come a pagarne il pegno siano spesso gli innocenti.

Habemus Hominem, Jago (2013)
Il figlio velato, Jago (2017)


L’approccio di Jago è, insomma, quello di riprendere i canoni classici della scultura e di ribaltarli, riempiendo ogni sua opera di un carico emotivo estremamente umano, capace di creare un rapporto immediato tra spettatore e soggetto della scultura. In un’epoca dominata da arte concettuale, il ritorno alla centralità della figura umana rappresenta, dunque, una scelta controcorrente. Così come è controcorrente, ma decisamente calzante, l’idea di combinare tecniche antiche con la sensibilità dei giorni nostri.
La democratizzazione dell’arte, insomma, passa anche attraverso l’estrema accessibilità emotiva dei soggetti rappresentati.

Into The White

Il documentario Jago Into The White non è dunque una mera cronaca del lavoro dello scultore, ma anche una riflessione più ampia sui legami profondi tra ciò che è arte e ciò che è umano. Secondo lo scultore, infatti, l’arte non è solo una testimonianza di ciò che siamo, ma anche un esercizio di immaginazione su ciò che potremmo diventare.

La pietà, Jago (2021)

Jago stesso ha espresso gratitudine per il film, riconoscendo la rarità di potersi vedere attraverso gli occhi di un’altra persona. La documentazione della creazione di una delle sue opere più importanti diventa un veicolo per mostrare un approccio all’arte innovativo e sociale, quasi partecipativo.
La Pietà, ultimata nel 2021, è una brillante testimonianza della poetica dell’autore. Inutile soffermarsi sull’evidente citazione all’iconografia antica, quello che colpisce subito è, invece, il modo in cui essa viene reinterpretata: non si tratta solo di un padre che regge le spoglie di un figlio, ma della disperazione che il suo volto emana, dell’ingiustizia – assolutamente contronatura – di una tale morte prematura.

Tra i punti focali di Into The White, Pingitore ha voluto evidenziare il rapporto tra Jago e il marmo, che si manifesta sì in eccelse abilità tecniche, ma anche nel dono di saper infondere vita in una lastra fredda e bianca, che in potenza potrebbe essere qualunque cosa.
Lotta, passione, dedizione: le parole chiave per descrivere il documentario in uscita. Un’occasione imperdibile, insomma, per approfondire il processo creativo di uno dei più grandi artisti del nostro tempo, ma anche per fermarsi a riflettere su ciò che è arte, ciò che è vita e ciò che è esistenza umana – e, soprattutto, sul fil rouge tra questi tre fattori.

Crediti immagine: IlMattino, ArtsLife, Jago
Rebecca Isabel Siri

Fonte immagine di copertina: https://images.app.goo.gl/1nYUy7dtF7cqwfJFA

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