Tarocchi e psicologia

La psicologia, nell’età contemporanea, si è ormai cementata come scienza esatta: l’aria da pseudoscienza che le veniva attribuita nel secolo scorso si è dissipata. Affrontare un percorso di psicoterapia è normale e diffuso, anche se gli scettici a riguardo non mancano. Nella storia della disciplina, per analizzare la psiche del paziente, si è fatto ricorso ai metodi più disparati: dalle macchie di Rorschach, all’ipnosi, fino agli oppioidi. Di recente è emerso un nuovo approccio: la psicoanalisi con l’ausilio dei tarocchi, precisamente i mazzi di carte usati per la chiaroveggenza.

Psicoanalisi ed esoterismo

I tarocchi, metodo di divinazione sempre più popolare negli ultimi anni, non sembrano avere nulla a che fare con la psicologia. Da un lato una pratica esoterica senza alcun fondamento, dall’altra una disciplina che può contare su un’ampia base di studi e ricerche accademiche. Tuttavia, nel contesto della psicoanalisi, i tarocchi perdono la propria connotazione magica e assumono la valenza di un “test proiettivo”: non è importante il significato della carta, quanto quello che le viene attribuito dal paziente. Esistono molti tipi di mazzi diversi, dai marsigliesi ai Waite, e altrettanti stili e grafiche diversi nella raffigurazione dei soggetti sulle carte, ma senza la valenza esoterica queste distinzioni perdono significato. L’essenziale diventa quindi leggere i tarocchi secondo gli occhi di chi viene psicoanalizzato, affinché quest’ultimo proietti sé stesso nell’immagine che vede e ne tragga dei significati utili ad esporre il proprio subconscio.

Tarocchi e pratiche junghiane

I tarocchi sono anche utili per l’Imagery: è una pratica, derivata dagli studi junghiani, che consiste nel guidare la persona attraverso un percorso di Immaginazione Attiva. Con l’ausilio degli Arcani Maggiori, il paziente prima si identifica nel “folle”, la carta numero 0, e si pone in relazione con le altre 21 carte come se compisse un viaggio: il “Viaggio del Folle” per l’appunto. Ricreando in questo modo delle situazioni di incontro con le “essenze” delle carte, il paziente si confronta con varie emozioni o ricordi, trasferendo le loro proprietà alle immagini sulla carta. Inoltre, i tarocchi agiscono come linee guida per la psicoanalisi, senza che ci sia il bisogno di interpretare la parte del “folle”, ma piuttosto costruendo un percorso a partire dai trascorsi e dalle emozioni del paziente. Un’altra pratica psicoanalitica di stampo junghiano è quella dei “Giochi di sabbia”: consiste nel veicolare il subconscio attraverso il gioco con la sabbia, per andare a toccare la parte più “giovane” della psiche del paziente. Allo stesso modo i tarocchi giocano con le figure e i significati, bypassando il linguaggio parlato e scritto, e connettendosi ad un livello più profondo dell’inconscio.

Ricerche e studi in proposito

Non sono molti i paper accademici che indagano su questo utilizzo dei tarocchi: un paper del 2014, pubblicato sul Canadian Journal of Sociology, supporta l’impiego dei tarocchi come test proiettivi non standardizzati utili in ambito clinico, definendo i tarocchi “un potente strumento terapeutico, un riflesso delle […] vie d’ingresso all’infanzia, che esplode di profondi significati psicologici, un riflesso […] della psicologia profonda così potente che è in grado di aiutare a guarire il bambino interiore e a rielaborare una socializzazione tossica

Francesca Borla

Fonti: https://www.istitutobeck.com/beck-news/tarocchi

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