Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut

Romanzo di un inguaribile pacifista

Era il 1969, quando lo scrittore statunitense Kurt Vonnegut trovò finalmente le parole per descrivere l’esperienza traumatica di un ragazzo mandato in guerra. La Seconda guerra mondiale era ormai finita da 24 anni, eppure nell’immediato dopoguerra le parole per descrivere il massacro sembravano mancare.

Vonnegut, arruolatosi volontariamente a 21 anni nel ruolo di fante esploratore, venne fatto prigioniero dai tedeschi nel 1944 e in seguito fu portato a Dresda per svolgere i lavori forzati. Fu così che il giovane si ritrovò in questa città nel febbraio del 1945, quando assistette al suo terribile bombardamento. Dresda, fino a quel momento immune agli attacchi, venne completamente rasa al suolo. Le bombe, oltre a distruggere una della città più belle del mondo (Dresda era come cristallizzata nel temp e veniva chiamata la “Firenze tedesca”), causarono la morte di circa 135.000 persone – perirono sul colpo più persone che a Hiroshima! Vonnegut, salvatosi nascondendosi in un seminterrato, rimase spettatore delle macerie di un’intera città. Il bombardamento coronava ciò che l’autore aveva potuto apprendere durante tutta la guerra: ciò che accade nel mondo non ha senso.

Dresda, febbraio 1945
Dresda, febbraio 1945

Vent’anni dopo, “Mattatoio n. 5” sarebbe stato pubblicato. Attraverso il personaggio di Billy Pilgrim, che vive esperienze belliche analoghe a quelle dell’autore, Vonnegut descrive l’intricata psiche di un reduce di guerra. Il soldato traumatizzato non fa mai completamente ritorno a casa, poiché la sua mente rimane bloccata sulle vicende belliche, secondo un processo post-traumatico che l’autore rende con l’elemento fantascientifico dei viaggi nel tempo: proprio come se avesse una macchina magica, Billy Pilgrim salta di continuo tra il suo presente 1968 e il suo passato del 1944-45, e addirittura viaggia nel suo futuro. Questo perché il trauma del reduce porta inevitabilmente a scontrarsi con la constatazione dell’assoluta mancanza di senso nel mondo. Billy è uno dei tanti bambini mandati in crociata, è un ragazzino disorientato che sta a galla in un oceano di morti. Ciò lo spinge inevitabilmente a un dubbioso rivolgersi verso il futuro, che viene guardato con grande disillusione: niente ha avuto senso, niente ha senso e mai niente lo avrà. Anche i tempi di pace sembrano dei semplici vuoti che non impediscono lo scatenarsi di altre guerre: già nel 1968 è in corso un’altro conflitto, inVietnam, a cui lo stesso figlio di Billy sta prendendo parte.

Un passaggio assai significativo che vorrei riportare è quello di un Billy Pilgrim del 1968 mentre guarda un documentario sui bombardamenti di guerra. In preda ai deliri tipici del personaggio, Billy immagina lo svolgersi del documentario al contrario:

Era un film sui bombardieri americani durante la Seconda Guerra Mondiale e sui loro coraggiosi equipaggi. Vista a rovescio da Billy, la storia era questa: gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all’indietro da un campo d’aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all’indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all’indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all’indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici d’acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. […] Ma c’erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo.[1]

Un passaggio a mio avviso straordinariamente impattante, che, in un contesto di perdita dell’orientamento, propone un iperbolico rovesciamento del mondo, mettendo in scena un trionfo della pace senza precedenti.

Così, dunque, mi immagino Vonnegut: un uomo con l’amaro in bocca, estremamente lucido nel rendersi conto della vacuità della guerra come della pace, e tuttavia ostinatamente e inguaribilmente in favore di quest’ultima.

Marta Costa


[1] Kurt Vonnegut, Mattatoio n. 5, Feltrinelli, 2023 (ventesima edizione), pp. 74-75.

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