Nuovo regolamento europeo e prospettive di AI nella Pubblica Amministrazione (pt.II)

Giovedì 7 ottobre 2023 si è tenuto al Campus Luigi Einaudi il primo di un ciclo di incontri dedicato all’intelligenza artificiale (AI) e promosso dall’organizzazione studentesca Obiettivo Studenti. L’articolo, preceduto da una prima parte, si propone di riassumerne i contenuti. In particolare qui si riprenderanno gli interventi della prof.ssa di economia e gestione delle imprese ed ex ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale Paola Pisano e della prof.ssa e sociologa Marinella Belluati.

Quali sono le possibili strategie dei Paesi e delle aziende nell’adozione dell’AI e che ruolo può avere in Italia riguardo all’innovazione, anche in relazione agli altri Paesi ? (Prof.ssa Paola Pisano)

Ogni Paese desidera avere un ruolo strategicamente importante nell’AI. Se prima a concorrervi erano solo USA e Cina, nel 2023 altri Paesi hanno dichiarato cifre importanti di investimento all’interno di questo settore: India, Arabia Saudita, Francia, Germania e Inghilterra.

Abbiamo approcci differenti. Biden non investe direttamente nell’innovazione delle aziende, ma ha investito 50 miliardi di dollari per rendere indipendenti gli States da Taiwan nei settori dei microchip. Le competenze e conoscenze acquisite negli USA non possono essere condivise con gli altri Paesi. Le aziende sono sottoposte a ordini restrittivi e richieste di licenze per l’acquisto di microchip. Interessante è la politica di democratizzazione dell’accesso all’AI: si tratta di un progetto che dà libero accesso a tutti i ricercatori americani a potenza computazionale, algoritmi di ricerca dati e formazione. Dietro a questo progetto ci sono 15 agenzie americane fra cui NASA, Dipartimento della Difesa, Dipartimento dell’agricoltura, Amazon e Google.

La Cina cerca di contenere l’ondata americana. Tra il 2021 e il 2022 sono stati investiti circa 300 miliardi di dollari, focalizzati su Huawei e SK Hynix. Il Paese sta sviluppando microchip di ultima generazione molto interessanti e mercati di dati per le proprie aziende, e ha creato fondi di Stato per sostenere le aziende che vogliono partecipare alla competizione dell’AI. Il New York Times ci parla di voucher a favore delle start up dedicate alla crescita della potenza di calcolo, in modo che anche le piccole e medie aziende possano competere con le grosse aziende del mercato cinese.

L’Arabia Saudita, potendo disporre di una buona base economica, copia strategie da Cina e USA puntando molto sulla formazione. Qui è nata la prima università interamente dedicata all’AI, i cui studenti laureati sono “caldamente invitati” a rimanere all’interno del proprio Paese per un periodo di tempo tale da restituire in un qualche modo la formazione acquisita.

L’Italia dovrebbe raggiungere un miliardo di dollari di investimento nel 2024 con un tasso di crescita del 20% che porterebbe entro il 2030 a 4 miliardi. Per rendere chiaro il paragone: noi siamo a 1 e gli USA a 23 miliardi. In linea con l’UE, l’Italia sfrutta la potenza di calcolo di CINECA e prova a pensare ai casi d’uso.

Per quanto riguarda le aziende che sviluppano grandi sistemi di AI, sebbene il valore delle loro azioni cresca, non li vendono ancora. Questo non dovrebbe stupirci: d’altronde, il computer ha impiegato 10 anni ad arrivare sulle nostre scrivanie. Serviranno almeno due anni prima che questi sistemi entrino all’interno del mondo del lavoro. Nelle aziende si stanno delineando tre livelli di uso dell’AI: sfruttare l’AI per attività facilmente svolgibili anche senza, aumentare i dipendenti all’interno delle aziende, e affrontare casi d’uso con due approcci differenti: bottom up e top down (l’imposizione d’uso dell’AI da parte di CEO e amministratori delegati per testare miglioramenti di performance).

Qual è, dal punto di vista comunicativo, l’impatto dell’AI sulla formazione dell’opinione pubblica? (Prof.ssa. Marinella Belluati)

I sociologi e gli esperti di comunicazione si chiedono cosa comporterà l’AI nelle nostre vite, analizzando le tensioni narrative con cui l’AI ci sta sfidando. L’effetto della manipolazione è evidente: la realtà non corrisponde alla realtà, ma i sociologi sanno che la realtà non esiste di per sè, ma è qualcosa che noi ci rappresentiamo quotidianamente. Piuttosto possiamo chiederci se l’AI possa darne una buona rappresentazione. Le allucinazioni fanno parte della cultura popolare da ben prima dell’avvento dell’AI. Se per manipolazione intendiamo il fatto che, attraverso questi strumenti, l’offerta dei contenuti sarà personalizzata, allora sì, siamo manipolati. Ma la manipolazione che permette di perdere meno tempo, l’algoritmo che aiuta nella scelta, è positiva. Tuttavia, può diventare un elemento di distorsione quando si perde l’aggancio con il contesto più ampio e si crede vero ciò che non lo è: da qui l’effetto allucinogeno. Per quanto riguarda il rapporto con l’autenticità delle esperienze dovremmo chiederci: perché un’esperienza virtuale è meno autentica di quella reale? È una sfida culturale che ci interroga.

Da un punto di vista informativo per i dati l’AI migliora le prestazioni e il rapporto con i flussi di dati. Nelle redazioni dei giornali l’AI semplifica la selezione delle informazioni attraverso un lavoro automatizzato, grazie al quale i giornalisti possono dedicarsi all’approfondimento delle tematiche individuate. Siamo l’era più informata perché abbiamo a disposizione più strumenti di conoscenza e l’AI ha la capacità di riorganizzare lo spazio semantico della nostra società. Ma si tratta di informazione o disinformazione? Con l’AI potremmo essere più esposti a notizie finte (ad esempio, il caso delle foto false create dai sostenitori di Trump per ingraziarsi la comunità afroamericana) costruite da uno strumento dell’AI, ma sempre l’AI può essere usata per la ricerca di fake news. Il segreto è sempre il bilanciamento delle posizioni.

Nicole Zunino

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