Che cos’è l’intelligenza emotiva e perché ne abbiamo bisogno?

Dai femminicidi all’educazione emotiva sentimentale

Fin dall’infanzia, tutti noi ci adattiamo inconsciamente ai comportamenti e alle norme della nostra comunità. Gli studi di Ruth Benedict degli anni ’30 hanno evidenziato come questa interiorizzazione culturale possa plasmare la nostra personalità.

Partendo da questa premessa, e in seguito agli eventi che hanno segnato l’Italia e l’opinione pubblica nell’ultimo periodo, è chiara la necessità di dover cambiare questi modelli dominanti. Secondo il report del Viminale in fatto di omicidi volontari relativamente al periodo compreso fra il 1 gennaio e il 10 settembre 2023, si sono registrati 230 omicidi, fra questi 80 vittime donne, di cui 64 uccise in ambito familiare e affettivo (41 sono state uccise da partner o ex partner).

Crediti: Ministero dell’Interno, http://bit.ly/3RrQ2ZA

Da quanto emerge dal documento è una situazione costante, non si può infatti parlare di oscillazioni significative nel tempo che sottolineino un miglioramento o un peggioramento del fenomeno. Quello che è però interessante osservare dai seguenti dati è che sono più le donne rispetto agli uomini a essere uccise in ambito familiare/affettivo o da partner/ex partner.

È in seguito a questo tipo di rapporto che è emersa l’esigenza di usare il termine specifico “femminicidio”, per indicare l’uccisione di una donna in quanto tale, ma anche “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”. Riconoscere l’esistenza di un fenomeno e poterlo esprimere attraverso la lingua è estremamente importante, perché è attraverso di essa che veicoliamo il nostro pensiero, ciò che siamo e ciò che vogliamo essere.

Silvia Bonino, professoressa onoraria di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Torino, in “Amori molesti. Natura e cultura nella violenza di coppia” cerca di capire come biologia e cultura agiscano nell’evoluzione della sessualità e degli affetti. La studiosa parte dal concetto di cervello “uno e trino” di Paul MacLean, l’idea secondo cui il cervello sarebbe idealmente diviso in tre parti e a ognuna di queste sia associata una diversa funzionalità: il cervello rettiliano per gli istinti primordiali, il cervello limbico per le emozioni basilari e la neocorteccia per il pensiero avanzato.  Le tre parti del cervello opererebbero in modo sinergico, ma talvolta anche in modo autonomo. Guardare al nostro cervello e capire come è strutturato e come si è evoluto nella filogenesi rappresenterebbe il primo passo per avvicinarci al tema della violenza. Nella specificità della violenza uomo-donna ci sarebbero difficoltà a riconoscere questa posizione, perché si teme una giustificazione. Se per indole esistesse il rapporto dominanza-sottomissione, non ci sarebbe nulla da fare, bisognerebbe accettare le cose come sono. Non è così. Secondo questa tesi il nesso sessualità e violenza non è specifico degli esseri umani. Esiste una sessualità connessa filogeneticamente all’aggressione nei maschi e alla paura nelle femmine dove vige un rapporto dominanza-sottomissione: lo scopo è la procreazione senza alcun coinvolgimento emotivo. Nel passato questo era associato ai rettili e a quel cervello rettiliano ancora presente in noi. Con il cervello emotivo evoluto nei mammiferi, e quindi negli esseri umani, si sviluppa l’affetto che origina dalla cura della prole. È qui che nasce il rapporto individuale con un proprio simile e si origina l’attaccamento, la cura e l’altruismo. La sessualità nell’essere umano, dunque, si è evoluta coniugando sesso e capacità di affetto, separando l’amore sessuale dalla paura e coniugandola con il piacere. Attraverso la neocorteccia, inoltre, gli esseri umani sarebbero capaci di pensieri complessi e abilità cognitive relazionali come l’empatia. Questa profonda capacità di relazione amorosa e sessuale è rafforzata dal pensiero, che rende possibile la costruzione di modelli di parità e una progettazione nel tempo di una relazione. Riconoscere in noi la persistenza di questa eredità rettiliana non porta a giustificare la violenza. La nostra natura è sociale, e si colloca fra affermazione di sé e accoglienza. Fra accogliere e non perdere sé stessi. Guardare a questa eredità filogenetica permette di smascherare le costruzioni intellettuali e culturali che giustificano la sopraffazione dell’uomo sulla donna. Bonino ribadisce che non esiste alcun ordine naturale che giustifichi la sottomissione femminile alla supremazia maschile. Infine, il patrimonio genetico e la storia personale formano l’individuo, questo per sottolineare come gli esseri umani non siano soggetti passivi, ma dotati di un margine d’azione.  

Questo margine d’azione è lo sviluppo di un’intelligenza emotiva sentimentale. Ma che cos’è?

Il termine venne coniato per la prima volta nel 1990 dai professori Peter Salovey e John D. Mayer, successivamente sviluppato dal giornalista scientifico e psicologo Daniel Goleman nel 1995 con la pubblicazione del libro “Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici”. L’intelligenza emotiva si traduce nell’abilità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni in modo positivo per poi riconoscere e comprendere quelle degli altri. Questa capacità permette di alleviare lo stress, entrare in empatia con gli altri, superare sfide e momenti di tensione, costruire relazioni professionali e lavorative forti. Si tratta di essere consapevoli della potenza dei sentimenti nel determinare i nostri comportamenti e questo può avvenire solo se si sviluppa un’adeguata capacità di introspezione. Tutti noi abbiamo una predisposizione genetica all’intelligenza emotiva, ma ci si può lavorare per svilupparla nel tempo.

Perché ne abbiamo bisogno?

Saper riconoscere le proprie emozioni e incanalarle nel modo corretto è una capacità imprescindibile per la propria salute fisica e mentale, ma anche per le persone che ci circondano e per la società in generale. Favorire un’educazione emotiva fin dall’infanzia è cruciale per la formazione di individui liberi e consapevoli. Promuovendo relazioni basate sul rispetto e sull’uguaglianza è possibile combattere la violenza, sradicandola dalle sue radici sociali e culturali. L’educazione costituisce il fondamento iniziale per avviare un processo di cambiamento, ma per garantirne la piena efficacia devono essere implementate leggi, politiche e interventi istituzionali coerenti.

Alexandra Onofreiasa.

Fonti:
Bonino, Silvia. Amori molesti: natura e cultura nella violenza di coppia. Gius. Laterza & Figli Spa, 2019.
Goleman, Daniel. Intelligenza emotiva. Bur, 2011.
Crediti copertina: Getty Images, bit.ly/3RpWqAO

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