Kharkiv, Ucraina: l’inizio della fine?

L’11 maggio scorso, la Russia ha lanciato una pesantissima offensiva nella zona nord dell’Ucraina, nella regione di Kharkiv: si parla di almeno tre divisioni (30’000 unità) manovrate dal resto del fronte verso la zona di operazione, supportate da massicci sbarramenti di artiglieria e da bombardamenti a tappeto dell’aeronautica. Inutile dirlo, gli evacuati sono migliaia, ma – purtroppo – non è questa la notizia più grave.

Territori conquistati dalla Russia nell’ultima settimana (in giallo). Cortesia della BBC.
https://ichef.bbci.co.uk/news/1024/cpsprodpb/3086/production/_133322421_kharkiv_belgorod_16_05_24_640-nc-2x-nc.png.webp

Il governo di Kiev, infatti, ha reagito dapprima tentando di arrestare l’attacco frontale russo, ma ben presto è diventato chiaro che la posizione non si potesse mantenere e, dopo tre giorni di intenso combattimento, le forze ucraine hanno annunciato la ritirata, lasciando alle truppe del Cremlino oltre 250 km² di terreno (ossia una volta e mezza l’intera area metropolitana di Milano). I media ucraini, amplificati dalla stampa nostrana, sostengono che sia avvenuta solo una battuta d’arresto. Sarebbe credibile, non fosse altro che il presidente Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj aveva fatto la stessa identica dichiarazione il 12 marzo 2024, sostenendo che: «La situazione è difficile, ma sotto controllo». A riprova dell’effettiva crisi dell’esercito ucraino c’è la cancellazione da parte di Zelens’kyj di ogni appuntamento internazionale, per mantenere la guida diretta del consiglio di guerra. Già agli inizi di aprile qualche testata – seppur timidamente – cominciava a parlare di “fase cruciale del conflitto” (ad esempio, la Repubblica): all’epoca, l’operazione russa era stata più logistica, con la distruzione delle tre più importanti centrali elettriche ucraine, parte del colosso DTEK. La capacità energetica del Paese è stata ridotta dell’80% e da allora a palazzo Mariinskij ci si ritrova costretti a razionare le forniture elettriche, anche per rendere le cose più difficili all’aviazione di Mosca.

Blackout di emergenza in Ucraina, Cortesia di The New Voice Of Ukraine, via yahoo!news.
https://s.yimg.com/ny/api/res/1.2/iXOxRKQ2J64qth4X6xMNCQ–/YXBwaWQ9aGlnaGxhbmRlcjt3PTE4MDA7aD05MDA7Y2Y9d2VicA–/https://media.zenfs.com/en/the_new_voice_of_ukraine_articles_294/687a88787eca1a4cc021251b311e8d70

I problemi, però, non finiscono qui; gli Stati Uniti, principale alleato dell’Ucraina, si ritrovano a corto di fondi e con un dibattito interno sempre più feroce su quanto sia opportuno continuare a sovvenzionare quella che, agli occhi di molti, è una guerra persa. Ad aggravare la situazione è il rischio concreto che le elezioni presidenziali vengano vinte da Donald Trump, che ha già annunciato di voler tagliare i finanziamenti per Kiev, mentre in Europa gli aiuti militari latitano sempre di più. Risalgono a dicembre, infatti, le dichiarazioni del brigadier generale Oleksandr Heorhiyovyč Tarnavs’kyj sulla scarsità generalizzata di rifornimenti e proiettili, che sta rendendo sempre più difficile mantenere un fronte di oltre 1000 km (per fare un paragone, la distanza che separa Torino da Bari). Non stupisce, dunque, che ben due attacchi di profondità siano stati lanciati dalla Russia in meno di sei mesi, complici il cambiamento climatico e di conseguenza l’accorciamento dell’inverno – stagione in cui non si può combattere, a causa di ghiaccio, neve, pioggia e fango, che rendono impossibile manovrare i pezzi e le truppe. Non va dimenticato, inoltre, che l’Ucraina non ha più una flotta navale.

Batteria di obici a traino FH-70. Visibile il proietto da 155/39 mm appena sparato. Cortesia di Militarnyi.
https://mil.in.ua/wp-content/uploads/2022/05/1.1-3-1.jpg

Risulta piuttosto evidente, ormai, il sentimento diffuso nell’opinione pubblica, come anche nei governi: è assai improbabile che Kiev fuoriesca dalla morsa di giorno in giorno sempre più irresistibile della Russia. La capacità industriale e logistica di Mosca, unita alla popolazione notevolmente maggiore del Paese, la rendono capace di affrontare una guerra logorante, che dall’altra parte si fa sempre più insostenibile e distruttiva. Non ci sono ancora tavoli di trattative ufficialmente aperti, ma un ritiro dalla zona occupata (condizione chiesta dal premier tedesco Olaf Scholz e anche da Giorgia Meloni) non è un’ipotesi da prendere in considerazione. Come ha dichiarato il presidente russo al suo discorso di insediamento: «Le truppe russe non si ritireranno mai». Quale destino, dunque, per l’Ucraina? La crescente vicinanza tra Russia e Cina che conseguenze avrà sull’egemonia ormai sempre più fragile degli Stati Uniti e sullo scacchiere globale? L’Europa tornerà ad avere centralità e, se sì, questo porterà a fratture tra i vari Stati? Domande a cui solo la fine dell’“operazione speciale” potrà dare risposte.

Vincenzo Ferreri Mastrocinque

Lascia un commento