Piccola storia di Vanchiglia: da Borgh dël Fum a quartiere universitario

Siamo abituati a considerare Vanchiglia una zona universitaria, fra lezioni, aperitivi e ricerca disperata di appartamenti in affitto. Ma, come ci spiega Daniela Carrabs nel suo ultimo articolo, Vanchiglia nel corso della sua storia è stata molto altro, da zona paludosa a zona industriale, con emissioni e nebbia fitta, tanto da guadagnarsi il nome di “Borgo del fumo”. La vera svolta verso la Vanchiglia che conosciamo oggi avviene solo nel corso del ‘900 con il progressivo spostamento degli studenti universitari nel borgo che fino ad allora era considerato un “paesino in città”.

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L’inaccessibilità della cultura

La cultura e il turismo italiano hanno un problema di accessibilità. Nonostante normative che dovrebbero essere volte ad assicurare il pieno godimento del patrimonio artistico, di fatto, per le persone disabili risulta ancora difficile, se non in alcuni casi impossibile, l’accesso anche ad una semplice visita al museo. Cosa può fare il resto della popolazione, a parte indignarsi sui social? Ascoltare le voci di chi vive queste discriminazioni ed essere consapevoli dello spazio che viviamo potrebbe essere un passo avanti.

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Missing White Woman Syndrome e l’ossessione social per la vittima “perfetta”

Nel 2004 la giornalista americana Gwen Ifill conia il termine “Missing white woman syndrome” (Sindrome da donna bianca scomparsa) per indicare l’ossessione mediatica verso un certo tipo di vittima “perfetta”: donna, giovane e bianca.

Il recente caso Gabby Petito ha ampiamente dimostrato che questo tipo di attenzione da parte della stampa è prevalente e si è ovviamente allargata anche ai social.

Ci sono conseguenze tangibili e negative? A quanto pare si: la MWWS allontanerebbe l’attenzione da casi ugualmente importanti che meriterebbero lo stesso livello di allerta.

L’articolo è della nostra Daniela Carrabs.

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1964: la Biennale della rivoluzione pop

L’arte contemporanea sembra essere ancora fonte di indignazione e scalpore, perfino per noi fruitori del 2021, abituati a qualsiasi tipo di provocazione. Come avrebbe reagito il meno smaliziato pubblico degli anni ’60 alla famosa banana di Cattelan?
La Biennale di Venezia del 1964 fece conoscere al mondo la pop art newyorkese, destando addirittura lo scandalo della Chiesa. Qualcuno parlò di “morte dell’arte”. Perfino il Presidente della Repubblica non si presentò alla cerimonia di apertura. A giudicare dalle reazioni a quella che poi venne definita la Biennale “della rivoluzione”, il pubblico contemporaneo e quello di 57 anni fa hanno davvero molto in comune. L’articolo è di Daniela Carrabs.

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La Taverna del Santopalato e le formule futuriste

Nel 1930 Marinetti firmò il Manifesto della cucina futurista. Seguì a ruota l’apertura della Taverna del Santolapato, a Torino in via Vanchiglia 2. Il locale, oltre ad essere visivamente progettato come una metallica macchina da guerra, secondo gli ideali futuristi, proponeva agli avventori una serie di prelibatezze descritte nel “Formulario futurista per ristoranti e quisibeve”. Fra un Placafame e un Canreplastico, l’esperienza avrebbe coinvolto tutti i sensi a 360°, con l’uso di musica, rumori e profumi per stimolare l’appetito. Siete curiosi di conoscere qualche formule futurista? Ve le racconta Daniela Carrabs!

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I giochi olimpici attraverso l’architettura

Fra nuovi palazzetti, stadi mastodontici, archistar e polemiche, i giochi olimpici sono un’occasione irripetibile per la rimessa a nuovo di tutte le città che negli anni si sono succedute come ospiti.

Attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio (dagli Stati Uniti degli anni ‘30, passando per la Cina del nuovo millennio) nel nuovo articolo di Daniela Carrabs cercheremo di conoscere brevemente 7 spettacolari opere architettoniche che hanno segnato l’evoluzione urbanistica, non solo in ambito olimpico ma a livello mondiale.

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It’s Art non è il sito che volevamo ma è quello che ci meritiamo

Nel nuovo articolo di @danielacarrabs scopriamo che dal 31 maggio è finalmente disponibile It’s Art, la “Netflix della cultura italiana” annunciata più di un anno fa dal ministro Franceschini. Il progetto è partito durante il lockdown della primavera 2020 e, nonostante sia un po’ presto per raggiungere un giudizio complessivo, il suo debutto non è stato di certo acclamato come rivoluzionario: il sito non solo non riesce a stare al passo con il suo modello d’ispirazione ma non risulta neanche paragonabile alla piattaforma streaming RaiPlay. Ci saranno nuovi contenuti? Migliorerà nel tempo? Staremo a vedere, ma intanto, dopo mesi di attesa, la delusione rimane amara.

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36° Lovers Film Festival: alla luce del sole

Finalmente il cinema! E nel corso del Pride Month ci aspetta a Torino il Lovers Film Festival (dal 17 al 20 giugno), il primissimo festival cinematografico a tema LGBTQ+ d’Europa.

Creato da Ottavio Mai e Giovanni Minerba, dal 1986 a oggi porta nelle sale una selezione di film, documentari e cortometraggi internazionali che sarebbe quasi impossibile vedere altrove. Accompagnato dal manifesto di Fumettibrutti, il Lovers di quest’anno cerca di risollevarsi e rinnovarsi dopo un anno di incertezze e di attese.
E a noi? Non resta che metterci comodə sulle nostre amate poltroncine, mentre iniziano a scorrere i titoli di testa.

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L’immobilità dell’Italia: Patrick Zaki

Il primo giugno, dopo l’ennesimo slittamento, ci sarà una nuova udienza per Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna in “custodia preventiva” in Egitto dal 7 febbraio 2020, accusato, senza particolari prove, di sovversione. Patrick è intrappolato nelle maglie di un sistema corrotto, dove l’abuso delle norme antiterrorismo consente di fatto di prorogare la carcerazione preventiva oltre i mille giorni, senza un processo e con assoluto spregio dei diritti umani. A raccontarcelo nel suo articolo è Daniela Carrabs.
La storia di Patrick non è un caso isolato ed è necessario continuare a premere perché abbiano fine.
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La pubblicità ai tempi di Carosello

La pubblicità è un ottimo strumento storico: con un colpo d’occhio ci fornisce un’istantanea della storia recente, di noi stessi e dei nostri modi di vivere e consumare. Carosello, in onda sulla RAI dal 1957 al 1977, è una di queste inestimabili fotografie del passato. Carosello, fra regole strettissime, ha avuto il merito di stimolare la creatività televisiva dell’epoca, lasciandoci perle tuttora conosciute. Dai goffi tentativi di scolarizzare attraverso la pastina Barilla, alle battute molto poco politically correct del dentifricio Chlorodont Daniela Carrabs ci accompagna, col suo nuovo articolo, nei retroscena della Rai, spiegandoci dinamiche e regole di questa trasmissione.

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