Spazi liminali: dalla psicologia ai videogiochi

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Il concetto di liminalità, forse oggi ancora poco conosciuta, deriva dal latino e significa letteralmente “soglia” o “confine”. A partire da questa definizione, in psicologia e in antropologia è stata sviluppata la definizione di spazio liminale, con la quale si vanno ad indicare quelle condizioni psicologiche o fisiche di transizione, delle fasi di passaggio di un individuo da una situazione a un’altra, accompagnata da un mutamento interiore, riflessioni esistenziali e sensazioni talvolta negative come ansia, solitudine, malinconia e insicurezza dovuta al mutamento.  

Questa condizione è stata studiata dall’antropologo Arnold Van Gennep all’inizio del Novecento, il quale si è concentrato sulle fasi di liminalità dell’individuo in relazione allo spazio circostante e al sistema sociale da cui è circondato. Ha individuato tre fasi fondamentali in cui l’essere umano va incontro a passaggi da uno status sociale o esistenziale ad un altro:

  • Precedente alla liminalità: fase della separazione, costituita da un evento che rompe l’equilibrio di un individuo, come la morte.
  • Fase liminale o del margine, come ad esempio il lutto.
  • Fase dell’aggregazione, in cui si va a ricostituire un equilibrio nella vita dell’individuo

In questa tripartizione è fondamentale la fase del margine, in cui l’essere umano si ritrova sospeso tra due condizioni sociali ed esistenziali, ha abbandonato la condizione precedente ma non ha ancora attraversato la soglia di quella successiva e si trova in un limbo. Ne è un altro esempio l’età dell’adolescenza, nella quale si attraversa un graduale passaggio dall’infanzia all’età adulta, con conseguente mutamento a livello fisico e psicologico.

Non solo spazi mentali

Gli spazi liminali non si limitano solo a concetti psicologici, ma coinvolgono anche una dimensione spaziale. I luoghi fisici liminali, definiti anche non-luoghi, non sono altro che quegli spazi costruiti esclusivamente con lo scopo di costituire un passaggio, una transizione da un luogo definito a un altro luogo definito: aeroporti, corridoi, scale, parcheggi, sale d’attesa… questi luoghi fisici riflettono la condizione psicologica del passaggio, dell’attesa e talvolta della solitudine.

È facile identificarsi in una fase liminale ripensando alla pandemia di Covid-19, dove le fotografie di negozi chiusi, strade deserte e luoghi abbandonati ci hanno senz’altro donato sensazioni di ansia, inquietudine e alienazione a causa della totale assenza di altre persone.

Le backrooms

A partire dal 2019, gli spazi fisici liminali sono divenuti un fenomeno virale sul web, a partire dalla pubblicazione di foto cupe di luoghi abbandonati come corridoi e centri commerciali che sono presto diventate una corrente estetica.

Questo trend nasce dalla pubblicazione sulla piattaforma 4chan di una foto di un corridoio deserto di colore giallo.

Il carattere inquietante e criptico della foto, associato al fatto che l’utente che l’ha postato e l’identità del luogo siano sconosciuti, ha ispirato storie horror basate sulle cosiddette backrooms, costituite da corridoi infiniti deserti, generalmente legate al mondo dei videogiochi ma sulle quali oggi sono state create diverse storie, immagini e anche videogiochi basati interamente su questi non-luoghi.

Questi spazi liminali rappresentati sono sempre luoghi ben conosciuti, ma caratterizzati dall’assenza di vita e dalla località indefinita. Questo paradosso crea smarrimento nello spettatore, abituato a vedere questi luoghi densamente popolati e che, di conseguenza, prova sensazioni di conflitto interno, di dissociazione e disagio, le stesse emozioni che rimandano ai concetti meno recenti di liminalità psicologica.

Monica Poletti

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