Sviscerare gli stati d’animo umani, e farlo tanto con graffiante realismo quanto con delicatezza, è una delle sfide che ogni scrittore, amatoriale o pubblicato che sia, affronta ogni giorno. Se è vero che una trama ricca e ben costruita fa un romanzo, è altrettanto vero che alla base dello stesso ci devono essere dei personaggi tridimensionali, vittime degli infiniti movimenti emotivi che ogni giorno assalgono le persone reali, i lettori.
Non è semplice scrivere di persone, delle loro battaglie personali o dei sentimenti che le attraversano, ancora meno agevole è raccontare di una malattia mentale o di uno stato di disagio emotivo senza cadere in banalità o strumentalizzare la parola «salute mentale» che oggi, si sa, possono far impennare le vendite.
Obiettivo di questa lista, dunque, è raccontare di libri in cui le malattie mentali sono il fulcro d’azione e parte integrante della trama senza tuttavia scadere in descrizioni insulse e melodrammatiche. I seguenti sono cinque libri scritti in epoche diverse, di narrativa e non, i cui generi spaziano dalla commedia al dramma, in modo da dare ai lettori la possibilità di scegliere in base ai propri gusti e alle proprie tendenze il titolo più curioso da cui partire.
Il confine del paradiso, Esmé Weijun Wang

Alla giovanissima scrittrice americo-taiwanese Esmé Weijun Wang, come al suo protagonista David Nowak, è stata diagnosticata la schizofrenia. Soffrire della stessa malattia di un proprio personaggio non significa esattamente saper descrivere il tormento interiore di una persona schizofrenica – insomma, non è un processo automatico – ma nel suo romanzo d’esordio la Wang dipinge e mette a nudo una realtà che in letteratura non è stata ancora davvero esplorata. «Il confine del paradiso» è un romanzo familiare a cavallo tra gli Stati Uniti e il Taiwan, una sorta di moderno racconto gotico sulla follia di una famiglia disfunzionale, dove si intrecciano rancori, rimpianti, tradimenti e crudeltà.
La malattia di David, capofamiglia, è trattata comunque con estrema delicatezza: il suo essere schizofrenico non è mai motivo degli orrori che si susseguono nel “paradiso” della casa dei Nowak, semplicemente David é schizofrenico, così come é biondo come la cenere e i suoi occhi sono di un azzuro gelido. La rappresentazione, dunque, non solo non è forzata, ma non è nemmeno strumentalizzata per mandare alcun messaggio, positivo o negativo che esista.
La sensazione di sconforto che aleggia tra le pagine del libro, insieme al senso di claustrofobia che permea le mura del ranch dei Nowak, rende il romanzo una lettura cupa, commovente e impegnativa più dal punto di vista emotivo che stilistico. Consigliata, insomma, a chi vorrebbe godersi il racconto di una moderna Mary Shelley.
Diari, Sylvia Plath

Sarebbe scorretto non citare una delle pubblicazioni americane più influenti del Novecento, i diari di una sensibilità femminile geniale e insoddisfatta. La lettura dei «Diari», che narrano la vita della celebre scrittrice e poeta statunitense Sylvia Plath dagli albori dell’adolescenza sino a – quasi – il tragico suicidio, è un’esperienza formativa la cui lettura dovrebbe essere mandatoria.
L’animo di Sylvia e i suoi movimenti emotivi emergono con forza dalle pagine restituendo i frammenti di una personalità sfaccettata e complessa. Aleggia, oltre all’atavico tormento interiore, la lotta tra il desiderio di amare e di essere amata e quello di affermarsi come scrittrice e donna moderna, indipendente e affermata, cose che agli albori degli anni Cinquanta difficilmente riuscivano a conciliarsi.
Del resto, la figura della Plath è sempre stata mitizzata dai media e da molti dei suoi lettori: ma Sylvia è stata molto più di quella depressione da sempre spettacolarizzata fino a renderla una parodia di se stessa. Consigliati a ogni donna, ma soprattutto a chiunque coltivi velleità artistiche, i diari della Plath sono anche un pertugio verso una delle immaginazioni più vibranti dello scorso secolo: immancabile per qualunque scrittore o aspirante tale che non mancherà di leggere parte della propria esperienza tra le righe.
Tutto chiede salvezza, Daniele Mencarelli
Italiano e recentissimo, «Tutto chiede salvezza» è la storia tremendamente attuale di Daniele e della sua settimana in un reparto psichiatrico a seguito di un TSO. Tra dottori, altri sei pazienti e cartelle cliniche, il lettore viene gettato in una realtà più vicina a lui di quanto non sembri: il male di vivere che in Daniele è così esasperato da aver causato il trattamento sanitario è in realtà il male di vivere di molti altri. Non c’è retorica fine a se stessa nelle parole di Mencarelli, solo il tentativo di descrivere la tendenza quasi spasmodica dell’universo verso il riparo da ciò che ci fa male.
Un libro breve che racconta del desiderio di salvezza e della ricerca del significato dell’esistenza umana, una narrazione dove convergono le storie di incomprensione e emarginazione cui i compagni di stanza di Daniele sono relegati. Perché dietro le scartoffie burocratiche, le pareti sterili degli ospedali e la noncuranza con cui i media parlano dei TSO ci sono storie vive e pulsanti, e, disagi che troppo spesso non vengono valorizzati da un punto di vista medico, figurarsi umano.
Consigliato alle personalità più sensibili e a chiunque voglia approfondire senza orpelli la realtà di alcuni reparti psichiatrici, «Tutto chiede salvezza» è diventato, nel 2022, una serie tv targata Netflix.
Non buttiamoci giù, Nick Hornby

Commedia – neanche tanto nera, a dire il vero – che narra le vicende di quattro aspiranti suicidi, «Non buttiamoci giù» racconta con leggerezza e ironia le vicende che hanno portato i quattro protagonisti a incontrarsi per caso sul tetto di un palazzo di Londra con l’intento di gettarsi. Personalità estremamente differenti, vissuti eterogenei, l’amicizia che nasce tra i personaggi di questo delicato racconto di Hornby diventa il motore di tutti gli avvenimenti successivi.
La vena ironica che permea il libro non banalizza il malessere interiore dei suoi protagonisti: non bisogna dimenticare, infatti, che la sofferenza e la depressione sono anche fatte di ovvietà e piccoli atti quotidiani e chi soffre non è sempre avvolto dal melodramma, spesso si ride, si scherza, ci si trova di fronte a situazioni paradossali proprio perché la vita è anche questo: paradosso. Calibrare il realismo quotidiano e il grande tema del suicidio non è affatto semplice, ma il romanzo di Nick Hornby ci riesce genialmente, coniugando sarcasmo e riflessione. Consigliato a chi vuole dedicarsi a una lettura scorrevole e divertente, ed è anche possibile vedere l’omonimo film inglese del 2014.
L’estate senza uomini, Siri Hudsvedt

Quella di Mia, protagonista de «L’estate senza uomini» di Siri Hustvedt, è catalogata come «psicosi reattiva breve». Tradita e umiliata, la cinquantenne professoressa di letteratura si rifugia nel paese natale per guarire dall’esperienza di un matrimonio fallimentare e del conseguente internamento in una clinica.
Tema principale del libro è il conflitto che, nonostante il titolo suggerisca sia quello tra uomini e donne, è trattato in ogni sua declinazione: il conflitto con se stessi e verso gli altri, nonché le relazioni burrascose e tutt’altro che idilliache tra donne. La condizione di Mia e il suo tentativo di rinascita sono contorno e premessa perfetti per approfondire altri argomenti, quali il rapporto madre-figlia, la ricerca delle proprie radici e la costruzione di un sistema di supporto. Non si tratta del libro più brillante della Hustvedt, ma i toni sarcastici e autoironici, coniugati alla moltitudine di citazioni alla letteratura e filosofia internazionale, ne fanno una lettura piacevole e interessante: un esperimento completamente al femminile che riesce a intrattenere per qualche ora. Consigliato a chi vuole leggere di relazioni al femminile, nel bene e nel male, e a chi apprezza una penna mordace e pungente.
Rebecca Isabel Siri