Il documentario della BBC “India: The Modi Question”, uscito nel gennaio 2023 ha riacceso le polemiche sulla libertà di stampa in India sotto il governo di Narendra Modi, leader the Partito Popolare Indiano (Bjp) e primo ministro dell’india dal 26 maggio 2014. Il governo indiano ha censurato il documentario della BBC, vietandone la visione nel paese e bloccandone lo streaming e la condivisione sui social media, dopo che diversi gruppi di studenti universitari si erano riuniti per assistere ad alcune proiezioni non autorizzate. La polizia è intervenuta per fermare gli studenti e si sono verificati anche numerosi episodi di violenza. Ma perché questa censura? Il documentario racconta nel dettaglio il ruolo di Modi nel massacro del Gujarat, Stato dell’India occidentale, dove nel febbraio del 2002 venne dato fuoco a un treno che trasportava pellegrini indù, massacro che sembra aver permesso a Modi la sua ascesa politica a livello nazionale, sfruttando il nazionalismo e il fanatismo religioso.
Chi è Narendra Modi?
Leader del Bjp, Narendra Modi, basa la sua politica su un nazionalismo estremo, facendo leva sul fanatismo religioso con la sua retorica etno-religiosa. L’ideologia nazionalista del suo partito, definita come la “via indiana al sovranismo” può essere espressa con una parola: Hindutva, basata sul motto “Hindu, Hindi, Hindustan”, una religione, l’induismo, una lingua, l’hindi, per una terra consacrata ad una comunità nazionale omogenea. Con Modi al governo le disparità sociali, la violenza della polizia e la censura dei giornalisti è notevolmente aumentata, portando l’India dal 132esimo posto nel 2016 al 150esimo posto (su 180 paesi) per la libertà di stampa secondo Reporter senza frontiere (RSP) un’organizzazione non governativa e no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa.
La censura da parte del governo indiano negli scorsi mesi però non è un fatto recente. Questa guerra alla libertà di stampa va avanti dal 2014, dall’inizio del governo di Modi e in questi 9 anni il governo ha cercato di mettere a tacere giornali e giornalisti creando un clima di terrore e controllo costante.
Gauri Lankesh e la guerra ai giornalisti
La brutale uccisione della giornalista e attivista indiana Gauri Lakesh il 5 settembre 2017 ha fatto eco in tutta l’India e ha scatenato numerose manifestazioni di protesta. Gauri Lakesh ha lavorato per Times of India, una delle testate giornalistiche più conosciute del paese e ha sempre criticato l’estremismo di Modi. Per identificare in senso dispregiativo i cronisti addirittura è stato coniato un nuovo termine, presstitute, unendo la parola “press” (stampa) e “prostitute” (prostituta). Nel 2018 quattro giornalisti sono stati ammazzati: Shujaat Bukhari è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, Suman Debnath accoltellato mentre indagava su un traffico di petrolio, Patricia Mukhim è stata vittima di un attacco molotov nella sua abitazione, Sandeep Sharma è stato ucciso mentre indagava sulla “mafia della sabbia”. Altri sono stati vittime di attentati o vivono costantemente nel terrore.
Il rapporto 2021-2022 di Amnesty International
Amnesty International, organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, ha denunciato, nel rapporto 2021-2022, l’applicazione di leggi repressive per mettere a tacere le critiche e per limitare la libertà di espressione. L’organizzazione ha anche rivelato l’esistenza di un apparato di sorveglianza illegale utilizzato dal governo che viola i diritti della privacy dei cittadini. La libertà di espressione e riunione è stata ostacolata da limitazioni illegali e numerosi organi di informazione sono stati minacciati o intimiditi. Inoltre, numerosi giornalisti, avvocati e accademici sono stati etichettati come “nemici dello stato” e sottoposti a sorveglianza costante.
Fino al 2019 il numero dei lettori di giornali ha continuato ad aumentare e l’India resta il secondo mercato globale con una tiratura di 240 milioni di copie. I quotidiani sono diventati sempre più digitali e quindi l’informazione più accessibile a tutti, ma in parallelo è diminuita la libertà di stampa ed è aumentata la repressione nei confronti dei giornalisti.
(sul post di instagram mi piacerebbe taggare la pagina di Amnesty International e di Le Monde diplomatique)
Lorenza Re