La ricetta della felicità con la legge dei dieci anni

La felicità è la portata che più si attende nella vita: come per il dessert, anche per la felicità viene sempre riservato un posto. Tuttavia, nonostante la si ricerchi costantemente, pare che essa giochi a nascondino, talvolta, e si mimetizzi sullo sfondo di una becera esistenza o, in situazioni antitetiche, appaia come un’epifania, in momenti in cui non ci si aspetterebbe la sua comparsa. Com’è dunque possibile acchiappare questa sfuggevole “felicità” e come possiamo definirla?

Il 23 gennaio, il Professore Nassir Ghaemi, docente di Psichiatria presso la Tufts University of Medicine di Boston, nonché autore, ha pubblicato un articolo per la rivista di psicologia “Psychology Today” a riguardo, proponendo un’interessante teoria.

Un successo monocromatico

Quali sono i segreti che si celano dietro alla felicità? Secondo la teoria elaborata dal Dottor Ghaemi, essi si configurerebbero con il cambiamento e il distacco dal successo.

Quante volte ci viene espressamente richiesto di indicare i nostri progetti per il futuro? Nel percorso scolastico pre-universitario, specialmente, gli insegnanti tendono a indurre i propri studenti ad esprimersi in merito al lavoro che vorranno condurre nella propria vita. E se, invece, si trattasse di plurime attività, non solo concernenti la sfera lavorativa? E se non si desiderasse svolgere la stessa mansione per tutta la propria esistenza? Questo verrebbe concepito come un insuccesso, perché è la costanza, unita alla tenacia, a fare da padrona in una realtà che privilegia coloro che si impegnano in un campo specifico, approfondendolo e contribuendo al suo sviluppo, grazie alla propria applicazione pluriennale. Si tratta di una concezione che spazia in diversi ambiti di lavoro: il mito del “posto fisso”, svanito da decenni, risiede ancora come distopia nelle menti della società contemporanea. Ad esempio, nel mondo accademico, alcuni professori continuano a usare le stesse metodologie e idee d’insegnamento per vent’anni (e oltre) e vengono premiati per l’impegno dimostrato nella ricerca e nell’istruzione universitaria.

In effetti, la mente umana tende alla stabilità, all’interno della comfort zone ci si trova a proprio agio, applicandosi costantemente, e in maniera esclusiva, nelle attività che, dopo essere state apprese nel tempo, sono diventate abitudini e meccanismi automatici. Uscire dalla routine significherebbe mettere in discussione i successi raggiunti nell’apprendere quelle mansioni ormai interiorizzate e divenute parte dell’ordinarietà. Questa tendenza al successo monocromatico si rispecchia però in una vita che, a sua volta, si tinge di bianco e nero e che non consente di gioire di quegli stessi successi, tramutatisi in doveri o piaceri routinari. Il cambiamento si configura, pertanto, come una soluzione!

La legge dei dieci anni

Il Professore Ghaemi ha dimostrato che la vita nell’area di comfort non apporta tanta soddisfazione e felicità quanto quella al di fuori di essa. Secondo la “Legge dei dieci anni”, ogni essere umano dovrebbe evolversi nell’arco di circa un decennio (in un lasso di tempo compreso tra i cinque e i quindici anni), distaccandosi dagli impieghi passati per concentrarsi su altro. Attraverso il distanziamento dalle vittorie (o fallimenti) conseguite in un determinato campo, si può ottenere un maggiore successo: tale dinamismo, infatti, rende maggiore l’attività cerebrale delle persone, che si sentiranno costantemente motivate nell’estendere il proprio bagaglio conoscitivo.

Come uscire dalla zona di comfort?

Resta comunque aperto il quesito che riguarda le modalità con cui è possibile abbattere la propria fortezza e scappare da essa. Ciascun individuo possiede una routine personale che varia per tipologia e numerosità di attività e, per questo motivo, non è possibile fornire consigli che valgano universalmente. Ciononostante, è necessario comprendere che, se lo si desidera, è possibile evadere dall’area di comfort, a partire dalle piccole abitudini. Cambiare il mezzo di trasporto o l’itinerario per recarsi in luoghi specifici, assaggiare cibi provenienti da altre parti del mondo e sconosciuti prima di allora o dedicarsi a un’attività sportiva o artistica mai provata, ne sono solo alcuni esempi.

Tutto parte dalla volontà di accettare il cambiamento, come elemento costituente della vita, e soprattutto dal distacco dall’attaccamento nei confronti dei successi raggiunti in un singolo settore, che possono apparentemente fornire gioia, ma che non consentono, al contempo, di esplorare l’infinità del mondo ad esso circostante. La felicità reale, infatti, non si radica, ma si evolve e cambia con noi in una metamorfosi perenne e del tutto soddisfacente.

Alessia Congiu

Crediti immagine di copertina: Psicologia Quotidiana

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...