Le insulae, ovvero le antenate dei condomini, se non dei grattaceli
Presto a Roma, con l’espansione della Res publica prima e poi con l’impero, si dovette far fronte a un preoccupante fenomeno che interessa ancora oggi tutte le grandi città del mondo: la sovrappopolazione. Tenendo conto, infatti, dei cittadini romani a pieni diritti, dei residenti – mercanti, artigiani e servitori – e degli stranieri recatisi per le più svariate ragioni, la città di Roma al massimo della sua espansione, secondo una stima, doveva contare all’incirca un milione di abitanti, forse anche di più.
Naturalmente, come si potrà ben intuire, non fu facile collocare un così gran numero di persone in uno spazio ristretto, ma gli Antichi Romani escogitarono quella che a noi sembra una banale soluzione logistica: anziché sfruttare lo spazio terreno, decisero, infatti, di impiegare lo spazio verso l’alto.
Nacquero, così, le insulae, ovvero degli enormi caseggiati che potrebbero equivalere ai nostri rioni di quartiere, con al piano terra le botteghe degli artigiani e dal primo piano in su con gli appartamenti privati. il principio era, però, l’inverso del nostro: ai piani bassi risiedevano inquilini più facoltosi e abbienti rispetto ai livelli superiori sia perché non esistevano gli ascensori sia perché, a causa della speculazione edilizia (che a Roma non si faceva scrupoli), la qualità delle abitazioni calava drasticamente.
Le domus, residenze aristocratiche
Come delle vere e proprie gemme, le domus romane impreziosivano molti quartieri della città antica. Erano, infatti, le case dell’aristocrazia, dei ricchi mercanti e, sotto alcuni imperatori, anche di schiavi che avevano conquistato la libertà e si erano arricchiti a dismisura.
Cit. Trimalchione
Ognuna di queste abitazioni accoglieva al suo interno giardini rigogliosi, piscine, vasche con giochi d’acqua, sale per banchetti, ricevimenti e feste. Ovviamente, tutto era poi impreziosito da affreschi e mosaici.
Caos e divieti
Come per noi oggi è quasi impossibile resistere ai ritmi frenetici della città, anche allora per i Romani era faticoso camminare per le vie di Roma. Solamente per raggiungere il foro si doveva attraversare un inestricabile labirinto di vicoli, spesso stretti e bui (soprattutto sotto Cesare), fare attenzione alle lettighe, gli antenati dei nostri taxi, che trasportavano celebrità o personaggi di spicco dell’alta società o della classe dirigente, e, naturalmente, bisognava schivare in continuazione tutti i passanti.
Non a caso, infatti, si arrivò a vietare la circolazione dei carri durante la giornata, sia per evitare ingorghi stradali sia per evitare ulteriore confusione tra la folla. I mercanti e i rifornitori delle botteghe dovevano, perciò, attendere la notte per poter fare le loro consegne.
Nicola Gautero
Crediti immagine di copertina: Romano Impero; FAI; Capitolivm