Il (vero) Signore delle Mosche


Nel 1954 William Golding pubblica un romanzo che sconvolgerà l’America, e successivamente il resto del mondo: Il Signore delle Mosche. Nel romanzo viene analizzato il comportamento di un gruppo di giovani britannici che si ritrovano da soli su un’isola deserta a seguito di un disastro aereo. Nonostante i primi tentativi di creare una società democratica e organizzata, di collaborazione tra compagni, in seguito le divergenze esplodono dando vita a uno scenario drammatico e dalle estreme conseguenze. L’immediato successo del romanzo, che lo ha reso uno dei più grandi classici del Novecento, è comprensibile se si guarda al tempo della pubblicazione: a poco meno di un decennio dall’ultimo conflitto mondiale, in molti si chiedono se Auschwitz fosse stata solo un’eccezione, l’esito di una politica perversa e di un’ideologia malata, o se in realtà in fondo siamo tutti crudeli e capaci di certi orrori. Per Golding la risposta era la seconda, e ha voluto dimostrarlo con una storia spietata. Ma se si stesse sbagliando?


Nell’estate del 1965, sei ragazzi tra i quindici e i diciassette anni provenienti da Nuku’alofa, città dell’isola di Tongatapu nell’Oceano Pacifico, decidono di fuggire dal collegio di St. Andrew’s in cui studiano: preferiscono l’avventura ai compiti in classe. Così pensano di procurarsi un’imbarcazione e raggiungere le Isole Figi. Ebbene, recuperato lo stretto necessario si mettono in viaggio.
Nella notte si imbattono in una burrasca e perdono la via: per otto giorni vagano senza una meta, pescando qualche pesce e bevendo l’acqua piovana dalle noci di cocco che hanno con sè; e poi il miracolo. All’orizzonte appare una piccola isoletta, l’isola di ‘Ata, che raggiungono a nuoto.
Successivamente al naufragio, gli amici si organizzano come possono: a coppie si occupano della caccia, realizzano un orto a cui badare a turno e soprattutto mantengono il fuoco sempre acceso con la speranza di venir prima o poi avvistati da qualcuno – quel maledetto fuoco che invece ne Il Signore delle Mosche di Golding causò non pochi problemi al gruppo.


L’11 settembre del 1966, dopo ben quindici mesi in cui i ragazzi non si sono persi d’animo, vengono avvistati da un peschereccio capitanato da Peter Warner. L’uomo, un pescatore, si trova nelle acque limitrofe. Si imbatte nell’isola di ‘Ata e nota da lontano dell’erba bruciata sulle alte scogliere, così si avvicina e salva il gruppo di ragazzi, i quali risultano in ottime condizioni fisiche anche a seguito delle visite mediche a cui vengono sottoposti.
Ritornano a casa dopo essere stati considerati da tutti ormai deceduti e, dopo i festeggiamenti, Warner, che ormai ha stretto un legame di amicizia con i sei ragazzi, li assume come membri del suo equipaggio.


Tornando alle considerazioni iniziali, questa storia fa riflettere. Cosa farebbero dei ragazzini se si ritrovassero da soli su un’isola deserta? Forse la violenza non è poi così scontata, e la storia di Mano, Sione, Stephen, Kolo, David e Luke ce lo dimostra.
Purtroppo, questa storia è rimasta sconosciuta, mentre Il Signore delle Mosche continua a essere considerato una tra le opere più realiste e svelatrici della natura umana. Molti ritengono Golding il padre dei moderni reality show. E come dargli torto?
Questi programmi tv, deleteri e grotteschi, hanno come unico obiettivo quello di creare delle situazioni di lotta, litigi, scontri, bugie, per alimentare l’audience – perché un programma tv dove tutti si rispettano e nessuno si fa i dispetti non verrebbe guardato da nessuno – spesso costringendo i partecipanti a mettersi l’uno contro l’altro. Tutto questo ha un effetto profondamente negativo sulla nostra visione del mondo e percezione dell’altro: siamo portati a credere che la vita sia un tutti contro tutti, che non ci si possa fidare di nessuno e che per andare avanti sia necessario mentire. Forse è giunto il momento di nuove storie, come quella dei sei ragazzi dell’isola di ‘Ata: una storia di amicizia e di lealtà vere, che ci fa capire che cosa siamo in grado di fare solamente sostenendoci l’un l’altro e fidandoci del prossimo.

Maria Vittoria Onnis

Fonti: “Humankind” di Rutger Bregman, wikipedia.com

Crediti immagine di copertina: https://www.ibs.it/signore-delle-mosche-libro-william-golding/e/9788804676850

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