Antichi Romani lettori: edizioni costose e libri tascabili

Nell’antichità, come oggi, il libro rappresenta per alcuni il simbolo di un’attività molto apprezzata, un passatempo ricreativo e soprattutto educativo, ma anche, da un punto di vista più pratico ed economico, una professione.

Tuttavia, la lettura non era appannaggio di proprio tutti i cittadini romani. Naturalmente, chiunque avesse ricevuto un’istruzione di base era capace di leggere e scrivere, ma il libro in sé, inteso come bene e oggetto, non era sicuramente accessibile alla maggior parte della popolazione. Si trattava, infatti, di un bene di lusso per svariate motivazioni.

Innanzitutto, non esistendo ancora la stampa, ogni copia di qualsiasi opera letteraria doveva essere scritta a mano, ricopiandola da un modello, e questo rallentava moltissimo l’editoria dell’epoca. In più, il supporto scrittorio, ovvero il materiale su cui si scriveva, era fatto di papiro, una rara pianta che cresceva solo sulle rive del Nilo e che doveva essere lavorata accuratamente. Inoltre, la forma di un “libro” dell’epoca era quella di un rotolo, quindi per poterlo leggere era necessario srotolare e riarrotolare il papiro, anziché sfogliarlo.

Inutile dire che qualsiasi tipo di aggiunta, come decorazioni, “maniglie” alle estremità del rotolo, fogli protettivi e custodie apposite facevano aumentare in maniera spropositata il prezzo dei libri. Tuttavia, proprio un autore ci fa sapere che qualcosa sta cambiando sul mercato di Roma.

I libelli di Marziale

L’autore latino Marziale (38/41-104 d.C.) apre la sua raccolta di epigrammi, dopo aver concluso la sua dedica al lettore, con un singolare e breve componimento che, però, è allo stesso tempo una testimonianza storica molto rilevante.

Tu che desideri che i miei libretti

t’accompagnino ovunque, anche in viaggio,

comprali rilegati in pergamena.

In biblioteca i volumoni! I miei

ti stanno in una mano. Vuoi sapere

dove li vendono, per non girare

a vuoto tutta Roma? Ti ci guido

con sicurezza. Chiedi di Secondo,

liberto di Lucenzio, dietro il tempio

della Pace ed il Foro di Minerva.

Marziale, Epigrammi, 1,2, trad. di C. Vivaldi

Non solo veniamo a conoscenza del fatto che a Roma esistesse un ricco mercato librario, ma, incredibilmente, leggiamo anche un vero e proprio messaggio pubblicitario. In altre parole, soddisfatto della vendite che i suoi Epigrammi stanno registrando, Marziale ne pubblicizza una versione tascabile, a modico prezzo ben s’intende, che i lettori possono reperire nella libreria di cui, tra l’altro, lo stesso autore ci fornisce l’indirizzo, proprio dietro il tempio della Pace e il Foro di Minerva, praticamente a due passi dal centro di Roma.

La bottega di Lucenzio è solo una delle tante che affollano la via dedicate alle librerie di Roma. Il filosofo Seneca ci fa sapere che la libreria di Doro è quasi un’istituzione, ma, accanto a questa, ne esistono delle altre, come quella dei fratelli Sosii. In ogni caso, si trovano tutte sulla strada dell’Argiletum, una via che conduce alla Suburra, un quartiere che gli studiosi odierni hanno definito – forse anche in maniera riduttiva – un po’ come il Bronx di New York, le favelas di Rio de Janeiro o le banlieues di Parigi.

Ma cosa significa questo? Molto semplicemente, che il pubblico di lettori si sta allargando, comprendendo anche fasce sociali meno facoltose rispetto all’élite senatoria e aristocratica (che non acquista certamente libri poco curati ed economici), ma soprattutto che il supporto scrittorio utilizzato si sta evolvendo, acquisendo sempre di più la forma che siamo abituati a pensare per un libro.

Non più scomode pergamene, ma codici!

Proprio in questo momento storico ha inizio il passaggio dal volumen (ovvero il rotolo di papiro) al codex (il codice, in altri termini il nostro libro). Da un formato molto più scomodo e assolutamente più deteriorabile si arriva a uno più maneggevole e pratico.

Librerie quasi simili alle nostre

Ancora Marziale, in uno dei suoi componimenti, descrive indirettamente l’aspetto delle librerie dell’epoca. Come delle vetrine con degli espositori, le porte in legno delle botteghe librarie avevano incisi sopra i nomi degli autori e dei testi disponibili all’interno (e qui non mancavano tutte le novità e le ultime uscite, naturalmente messe in primo piano). Era inimmaginabile dover esporre i libri veri e propri, poiché facevano gola a chiunque passasse, non tanto per il valore letterario e culturale, quanto piuttosto per il valore monetario. Infatti, come ricordato poco prima, un libro, un rotolo di papiro, rappresentava all’epoca un bene di lusso e, quindi, era preziosissimo.

Nicola Gautero

Crediti immagine in evidenza: https://pin.it/3dIgvMg

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...