Chiunque svolga un’attività creativa ha bisogno di ispirazione, ecco perché nel settore della moda sta emergendo in modo sempre più prorompente la figura del cool hunter: colui o colei che, con le sue indagini di mercato, fa da collegamento tra l’industria creativa e la realtà di tutti i giorni. Chi lo sa, magari durante una serata in discoteca ne abbiamo incontrato uno senza accorgercene.

Questa nuova figura professionale si occupa proprio di osservare il mondo e trarne spunto: le sue ricerche “sul campo”, frutto di una vera e propria caccia a nuove linee di tendenza, atmosfere originali e stili di vita, saranno poi la fonte da cui i creativi attingeranno per ideare nuovi prodotti.
Ruolo delineatosi già dalla fine degli anni Ottanta negli Stati Uniti, inizialmente il cool hunter lavorava, macchina fotografica alla mano, osservando i trend emergenti nei luoghi più frequentati da un target giovanile – banalmente concerti, locali in voga o discoteche –, oggi opera in parallelo navigando anche tra Instagram, TikTok e Pinterest. Il suo compito, dunque, non è creare mode, ma scoprirle.
Solo a ricerca finita comporrà i cosiddetti quaderni di tendenza dove decodificherà tutto ciò che lo ha colpito, tra colori, textures, materiali o ancora stampe. Ed è qui che la sua funzione da intermediario inizia: i quaderni verranno venduti a stilisti e designer, cosicché il loro lavoro possa iniziare.
Ad oggi anche i brand più famosi fanno affidamento alle ricerche dei cool hunter: parliamo di Nike, Coca-Cola, Disney, Samsung e Nestlé, giusto per citarne alcuni. Pare, inoltre, che sui famosi sandali Havaianas, prodotti da Alpargatas, sia apposta la bandierina brasiliana e non quella hawaiiana – come suggerirebbe invece il nome del brand – perché da diverse analisi di tendenze è emerso che la cultura brasiliana esercita una maggiore attrattiva sui consumatori.
Come diventarlo?
Per scovare le novità più cool non esiste ancora una formazione ben definita – ben visti sono però studi nell’ambito del marketing, della comunicazione e della semiotica –, ma è necessario senz’altro un profilo preciso: una predisposizione a lavorare in autonomia, un forte spirito di osservazione e tanta intuitività. Del resto, è proprio incombenza del cool hunter interpretare tutto quello che esamina e predire che cosa potrà poi approdare in passerella.
Questa nuova figura professionale richiede anche disponibilità a viaggiare: tornerà quindi utile una buona conoscere le lingue e degli usi delle culture di riferimento, oltre a saper analizzare, decifrare e gestire le informazioni raccolte in giro per le diverse città.
Oggi i cool hunter lavorano soprattutto come freelancer, vendendo i loro report ad agenzie pubblicitarie o direttamente ai brand che richiedono i loro prospetti. Non è raro, però, che anche un’agenzia di comunicazione decida di far uso di questo metodo di ricerca: in Italia sono molti gli enti che accompagnano a metodi di ricerca più convenzionali i servizi dei “cacciatori”.
È possibile, per di più, svolgere questa professione anche come dipendente presso grandi case di moda, di solito nell’area di progettazione e ricerca.
E se non abbiamo occhio per l’abbigliamento? Nessun problema, questo nuovo ramo del marketing è in continua espansione: negli ultimi anni i cool hunter si sono fatti strada anche nel mondo dei viaggi, della musica e del life-style. Insomma, le possibilità sono infinite.
Rebecca Isabel Siri
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