2020-2022. In questo biennio il mondo si è fermato, perché travolto da una pandemia globale. È stato un qualcosa di inaspettato che ha addormentato l’umanità in un sonno profondo in cui non ci si è ritrovati in un sogno da cui poi risvegliarsi con il sorriso. Al contrario: è stato uno di quegli incubi pieno di sensazioni che non si vorrebbero mai rivivere. Tutto ciò che era diventato una routine giornaliera, a cui spesso si dava poco conto, di colpo si è rivelato un nulla cosmico. Molte persone erano abituate a controllare ogni cosa ed il tempo, una risorsa tanto preziosa quanto sfuggevole che fino a poco prima si dava per scontata, è diventato una delle poche cose a non essersi fermate. Pian piano il mondo si è risvegliato, si sono ripromessi dei cambiamenti, ma molti hanno finito con il rivelarsi delle promesse effimere.
La frenesia della vita stessa, andando avanti negli anni, ha dato l’idea che per essere considerati degli individui modello si dovesse sfruttare il proprio tempo seguendo una scaletta: prendere bei voti a scuola, ottenere un lavoro stabile e crearsi una famiglia. Molte ambizioni si sono rivolte a questo. Tutti questi step sono diventati un mantra quasi obbligatorio, non si è quasi più guardato a quanto effettivamente un percorso reso moralmente obbligatorio sapesse rendere o meno felice una persona.
Secondo l’enciclopedia Treccani il tempo è una «successione di istanti, intesa sempre come una estensione illimitata, ma tuttavia capace di essere suddivisa, misurata, e distinta, in ogni sua frazione o momento». Analizzando questa definizione, verrebbe da chiedersi del perché si passi la maggior parte della vita a rincorrerlo per far tutto piuttosto che a viverlo, del motivo per la quale si sia smesso di gustarsi queste frazioni di secondo. Lo svantaggio è che, una volta trascorse, non torneranno più indietro, ma se vissute davvero, potrebbero avere un sapore di eternità. Secondo un vecchio detto “il tempo è tiranno”, non per cattiveria ma perché lui va avanti, non aspetta e proprio per questo non andrebbe sprecato. Questo ormai accade per lo più solo quando si è ancora bambini: nei primi anni di vita non si conoscono i problemi, si vive a pieno tentando inconsciamente di rubar del tempo ai grandi, per ricordare loro che spesso quello che la società impone non è detto che sia il percorso giusto per il singolo.
Le generazioni precedenti hanno conosciuto guerre, pandemie e boom economici, si sono adattate e sono sempre riuscite a ripartire commettendo anche quelli, che a posteriori, potrebbero essere considerati anche errori ma che ad oggi dovrebbero fare da esperienza per l’avvenire. Il vantaggio del vivere nel XXI secolo è dato dalla possibilità di poter pensare senza degli schemi rigidi, l’essersi ripresi la propria vita al risveglio avrebbe dovuto portare come insegnamento il vivere il proprio tempo. Senza se e senza ma, senza paura delle conseguenze.
Gli anni avanzano ma questo non significa che si debba smettere di sognare e sono proprio i sogni a regalare l’eternità di questi momenti. Tutto nasce dalla voglia di non accontentarsi: iscriversi all’Università a 30 anni lasciando un posto fisso piuttosto che crearsi una famiglia a 40 anni non può e non deve essere più considerata una deviazione. D’altronde, come disse Steve Jobs «il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun’ altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario».
Andrea Bordonaro