Il massimo organo di giustizia statunitense ha spostato la lancetta del tempo, riportando il paese a 50 anni fa. La Corte Suprema ha infatti ribaltato lo storico verdetto “Roe contro Wade” cancellando così le tutele federali del diritto all’aborto. La sentenza “Roe contro Wade” risale al 1973 e vede lo schierarsi di due correnti di pensiero opposte: quella dei Pro-Choice e quella dei Pro-Life. Con 7 voti a favore e due contrari, la Corte Suprema si dichiarò a favore della legalizzazione dell’aborto, fino ad allora regolamentato dai singoli stati. La sentenza ebbe un impatto fortissimo non solo negli Stati Uniti ed ebbe il pregio di far convergere le politiche sociali appartenenti a tutto il territorio americano.
Lo scorso 24 giugno, a cancellare lo storico verdetto, è stata la sentenza decretata con una maggioranza di 6 contro 3, nell’ambito del caso “Dobbs vs. Jackson Women’s Health Organization”. Con tale sentenza la Corte Suprema ha confermato la legge del Missisippi che impedisce l’aborto dopo le 15 settimane di gravidanza.
La decisione presa dalla Corte trova continuità con il sentimento americano incarnato da Donald Trump, che prima ancora del suo mandato affermò di volere, all’interno della Corte suprema, Giudici con posizioni antiabortiste.
Gli effetti del ribaltamento della sentenza non tarderanno a farsi sentire: mentre nel paese si sono scatenate accese manifestazioni di protesta, provenienti anche da personaggi dello spettacolo e dello sport, in tredici stati, molto probabilmente nei prossimi trenta giorni, entreranno in vigore le cosiddette “triggers laws”, leggi prima della sentenza inapplicabili, ma che possono diventare applicative in seguito al cambiamento delle circostanze.
Negli Stati Uniti oggi si contano ben 26 Stati nei quali esistono leggi restrittive in materia all’aborto. Subito dopo che la sentenza è stata pronunciata, lo Stato del Texas e del Missouri hanno vietato l’aborto e un’analoga decisione è stata presa dal South Dakota, all’interno del quale l’interruzione di gravidanza sarà consentita esclusivamente nel caso in cui parere medico “ragionevole e appropriato” evidenzi un pericolo di vita per la donna.
Per Joe Biden “la Corte Suprema ha fatto ciò che non era mai stato fatto prima, togliere espressamente un diritto costituzionale fondamentale per così tanti americani, diritto che era già stato riconosciuto”. Biden si è dichiarato scioccato per la decisione presa, decisione attraverso la quale “giovani donne e ragazze sono costrette a dare alla luce i figli dei loro stupratori”, attraverso la quale “si criminalizza l’operato dei medici: curare”.
Diametralmente opposto l’intervento del leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell il quale ha dichiarato “coraggiosa e corretta” la decisione della Corte Suprema.
La cancellazione del Diritto all’aborto potrebbe essere l’inizio della cancellazione di diritti fondamentali che gli americani avevano dato per acquisiti, come l’accesso alla contraccezione. La decisione potrebbe inoltre portare alla “criminalizzazione del sesso al di fuori del matrimonio” o “del sesso omosessuale”, a riferirlo è Katherine Franke, Director of the Center for Gender & Sexuality Law della Columbia University.
La crisi identitaria che il popolo americano sta vivendo ci porta a pensare se davvero una libertà essenziale per milioni di persone possa essere relegata a battaglie politiche e ideologiche. Se la tanto osannata “sacralità della vita” non sia una strumentalizzazione politica che ha come scomodo risvolto quello della disparità di genere.
Sulla base di questa sentenza metà degli Stati avranno leggi restrittive sull’aborto, che porteranno a una profonda disuguaglianza. Le donne che vorranno abortire saranno costrette a recarsi in un altro stato e questo si traduce in una barriera di accesso, alla salute, delle donne più povere.
Manuele Avilloni
L’America sta morendo
https://sergioferraiolo.com/2022/06/27/cera-una-volta-lamerica/
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