Le premesse alla stagione erano ben diverse. L’annuncio del ritorno di Massimiliano Allegri sulla panchina della squadra più titolata d’Italia aveva ridato ambizioni ad un ambiente che, dopo 9 anni di dominio, aveva raggiunto il quarto posto all’ultima giornata più per demeriti del Napoli che per meriti propri. Invece, 9 mesi dopo, la musica è ben diversa: per la prima volta dopo 10 anni la Juve non ha alzato al cielo neanche un trofeo. L’ultimo allenatore della squadra a non vincere neanche un titolo era stato Del Neri, nella stagione 2010/2011, e di quella squadra sono rimasti solo Bonucci e Chiellini.
L’obiettivo, all’inizio della stagione, era quello di far crescere una squadra abbastanza giovane e soprattutto di ricostruire il DNA juventino, perfettamente riassunto nella celebre frase di Giampiero Boniperti: “vincere non è importante, ma è l’unica costa che conta”. La scelta di riportare a casa uno dei tecnici più vincenti della storia bianconera andava dunque nella direzione di dare stabilità ad un ambiente inevitabilmente scosso, dopo 3 cambi in panchina in altrettanti anni, che comunque sono stati vincenti.
L’inizio però non è stato all’altezza delle aspettative: un solo punto in 3 partite, giocate contro Udinese, Empoli e Napoli. Una situazione non ideale, per chi parte con poche certezze, ma con l’ambizione di vincere. La rincorsa che molti si aspettavano ha avuto troppi ostacoli. La sconfitta in casa con il Sassuolo e il pareggio a Venezia sono due esempi di inciampi sul percorso di riavvicinamento alla vetta. Nonostante ciò, la Vecchia Signora ha paradossalmente avuto una chance di rientrare prepotentemente nella lotta scudetto, a causa del ritmo molto lento delle squadre davanti. Una vittoria nel discusso derby d’Italia con l’Inter avrebbe ridato speranze tricolori ad un ambiente che, forse, neanche ci sperava. Ma il rigore di Calhanoglu è stato come una doccia fredda, nella partita paradossalmente giocata meglio dalla Juve in stagione.
Alla fine è arrivato un quarto posto senza grossi problemi. E a tornare indietro alla fine del girone d’andata, con la Juventus distante 4 punti dall’Atalanta quarta in classifica, il risultato finale non era scontato. Ma, la Juventus poteva fare di più? Su questo tema le correnti di pensiero si dividono, ma a volte la ragione sta nel mezzo.
Allegri si è trovato una squadra profondamente diversa da quella che ha lasciato 3 anni fa: meno solida e decisamente meno forte, e probabilmente all’inizio non ha capito come farla rendere al meglio. L’addio di un certo Cristiano Ronaldo a 2 giorni dalla fine del mercato di certo non ha aiutato. A maggior ragione se colui con cui scegli di rimpiazzarlo, Moise Kean, non si rivela neanche lontanamente all’altezza, anzi. Senza una prima punta di peso, fondamentale per il gioco di Allegri, la prima parte di stagione è stata problematica, non solo dal punto di vista dei risultati. A ciò si aggiungono i molteplici problemi fisici di Paulo Dybala e il grave infortunio di Federico Chiesa.
Il gioco della Vecchia Signora è stato ampiamente insufficiente, con un baricentro medio a livello delle squadre in zona retrocessione. Risultato: uno dei peggiori gironi d’andata della storia della Juventus per gol realizzati. Non basta addossare le colpe ad Alvaro Morata, non sempre irreprensibile, ma con il capitale umano a disposizione la Juve avrebbe dovuto fare decisamente di più. A Gennaio è arrivata la svolta con l’acquisto di Denis Zakaria, ma soprattutto di Dusan Vlahovic, considerato uno dei futuri del campioni del calcio mondiale. L’impatto dell’attaccante serbo è stato decisivo, più mentalmente che in campo, ridando entusiasmo all’ambiente. Ma se serve un ragazzo del 2000 con ancora tutto da dimostrare a rinvigorire la squadra…
Inoltre, chi si aspettava una media goal come alla Fiorentina è rimasto deluso. Di chi è la colpa, di Vlahovic o di Allegri? Il gioco sviluppato dalla Juve non ha raggiunto la sufficienza neanche nella seconda parte di stagione e i passaggi chiave per l’ex Fiorentina sono stati pochi. Non sono state poche le partite in cui Vlahovic non ha scoccato neanche una volta una freccia verso la porta avversaria, a causa dell’atteggiamento passivo dei bianconeri. A ciò si deve aggiungere però anche una certa frenesia dell’attaccante classe 2000, normale data la sua giovane età. Il talento e la voglia di migliorare ci sono, serve però anche una squadra che lo serva a dovere.
Voto alla stagione? 6. È arrivato l’obiettivo minimo, la qualificazione in Champions League, senza il brivido della scorsa stagione e senza CR7. Proprio in quella competizione il cammino deve però essere diverso. Per il terzo anno di fila il cammino si è fermato agli ottavi, per mano di una squadra inferiore. Per il resto un anno senza titoli non è un fallimento, a patto che sia utile alla ricostruzione, partendo dai giovani. La Juve che verrà senza Dybala e Chiellini, giocatori importanti della storia recente, ne ha diversi su cui puntare, Vlahovic e Chiesa su tutti. A patto che quest’ultimo venga inserito in modo da risaltare le sue grandi qualità, cosa che non è sempre successa quest’anno. Il mercato si preannuncia improntato ad una vittoria immediata, ecco perché un altro anno con zero tituli potrebbe non essere perdonato.
Nota a margine. La celebrazione del capitano, Chiellini, alla fine della sua ultima partita all’Allianz Stadium è stata un giusto riconoscimento ad una bandiera e ad un grande campione. Ignorare invece completamente Dybala, numero 10 e vice capitano, anche lui all’ultima davanti ai tifosi bianconeri, è stata una caduta di stile della dirigenza bianconera, che ultimamente non è stata impeccabile. Da applausi il gesto di Bonucci, che ha trascinato l’argentino in lacrime sotto la curva per prendersi la meritata ovazione per i suoi 7 anni alla Juve, durante i quali ha scritto una pagina della storia recente del club.
Matteo Revellino