Il 30 maggio scorso, la Camera dei deputati ha approvato una prima proposta di legge a favore della tutela dei bambini in carcere con le madri detenute: 241 voti a favore contro 7 contrari, un’idea firmata dal deputato Paolo Siani.
Attualmente la situazione italiana è abbastanza complicata, in quanto molti bambini sono costretti a crescere dietro le sbarre insieme alle loro madri e, in certi casi, donne incinte vengono poste sotto custodia cautelare, trascurando i diritti degli innocenti. Una situazione che non solo priva di un’infanzia libera bambini meno fortunati di altri, ma che in un certo senso li condanna a sviluppare traumi e atteggiamenti irrequieti. In un’intervista rilasciata al quotidiano «La Repubblica» il 22 novembre 2021, una mamma reclusa racconta l’esperienza sua e del proprio figlio Manuel dietro le sbarre della sezione nido del carcere di Rebibbia, in cui, appunto, vengono ospitate donne incinte o con figli piccoli. La madre denuncia la sofferenza di un bambino innocente che ha dovuto scontare una condanna non propria, attualmente in terapia per curare le frustrazioni e l’irrequietezza provocate da un trauma così grande: vivere gli anni più liberi e spensierati della vita senza libertà.
Tra i luoghi che propongono da anni una soluzione al problema vi è la Casa di Leda, una Onlus romana che si propone di ospitare le detenute e i propri bambini sotto vigilanza, ma tutelando l’esistenza dei più piccoli e regalando loro un’infanzia altrimenti perduta. Casa di Leda nasce nel 2017 nel quartiere Eur, in una struttura confiscata alla criminalità organizzata e presieduta da Guglielmo Montuoni. Prende il nome da Leda Colombini, ex deputata della Repubblica Italiana che in passato aveva già tentato di risolvere la questione madri-carcere. Il servizio si propone, infatti, di tutelare il benessere infantile e di assicurare alle madri di poter esercitare le loro facoltà genitoriali nonostante la detenzione.
La proposta di legge di Siani prende esempio da questo tipo di case protette: dire stop ai bambini dietro le sbarre e condurli insieme alle proprie madri in case famiglia o istituti a custodia attenuata. In questo modo le donne con figli conviventi di età inferiore ai 6 anni potranno crescere i bambini nella normalità e nella libertà, continuando in ogni caso a scontare la propria pena, ma evitando che essa provochi ulteriori danni all’innocente. Nel caso in cui la madre sia impossibilitata o deceduta, la medesima procedura verrà applicata anche ai padri. Inoltre, le donne incinte non dovranno più subire la custodia cautelare.
Nei prossimi giorni la proposta dovrà essere votata anche al Senato, non possiamo ancora sapere se in futuro diventerà legge oppure no, ma sicuramente segna una piccola svolta sui progressi civili della nostra nazione, ambito in cui, rispetto ad altri Paesi europei, si classifica sempre negli ultimi posti. Infine, le domande di tipo etico non sono poche: è corretto che una pena sia scontata in misura inferiore solo perché genitori di un minore di 6 anni? Ma allo stesso tempo, quanto è giusto che un bambino innocente subisca i traumi della detenzione e sconti una pena non sua? Si potrebbero apportare altre misure in alternativa alla recente proposta di legge? Quali?
Giulia Calvi