Ogni settimana, esce nuova musica in tutto il mondo. Ogni settimana, si spera che sia la settimana del proprio cantante preferito. Ogni settimana, si spera sia quella settimana. Ogni anno, però, è formato circa da 52 settimane.
Ecco.
Se si tenesse come solo e unico punto di riferimento la playlist Spotify New Music Friday, si parlerebbe di 100 nuove uscite a settimana. Facendo un breve calcolo, dunque, escono, all’incirca, 5200 canzoni all’anno. Ma questo decisamente non basta.
E se sembrano numeri già abbastanza alti, allora c’è da tenersi forte. Ecco alcuni dati: Jeremy Erlich, vicecapo di Spotify, ha affermato che nel 2021, sulla piattaforma svedese, sono stati pubblicati ben 22 milioni di brani (60.000 tracce al giorno). Numeri da capogiro. Ma non è finita qui. Lo statunitense si spinge oltre. Prevede che nel 2025 verranno pubblicate 375 mila tracce quotidianamente. Ovvero 137 milioni in un anno.
Ma produrre tanto: è un bene o un male? Da una parte, si potrebbe andare oltre, far finta di niente e ascoltare la propria canzone indifferentemente. Dall’altra, invece, ci si potrebbe domandare: ma era davvero il caso? Ce n’era davvero bisogno? Sapere che il tuo cantante o la tua band preferita farà uscire una canzone a breve fa sempre molto piacere, non mentiamoci. Ma se questo procedimento si verificasse più frequentemente del solito, cosa accadrebbe? E se ogni uscita fosse stilisticamente uguale all’altra? Quali sarebbero le conseguenze? Bisogna prendere in considerazione due punti di vista differenti: quello dell’artista e quello dell’ascoltatore.
L’ascoltatore di fronte a tale cambiamento risulterebbe in primo luogo annoiato. Saprebbe già cosa aspettarsi ancor prima di schiacciare il tasto play. Crollerebbe l’hype. Andrebbe ad ascoltare altra musica in giro. L’ascoltatore desidera qualcosa di nuovo, lo ottiene fugacemente, vuole subito qualcos’altro. Noia, noia e ancora noia.
L’artista invece, seguendo la reazione dei fan, si ritroverebbe con sempre meno pubblico. Si troverebbe dunque a dover fare una scelta importante. Innovarsi. Cambiare stile e perché no, genere! E ciò può voler dire o affacciarsi a uno già esistente, o creare dei sottogeneri. Questo, in realtà, spiega anche perché le epoche musicali durino sempre meno. La musica medievale è durata quasi mille anni. Quella rinascimentale 200 e quella barocca poco meno. Quella classica, romantica e moderna 200, sommandole. Nel 1973, negli USA nasce l’hip hop. Verso il 2010, in Italia, si intravedono i primi tratti di trap (sottogenere dell’hip hop). Negli ultimi anni, invece, di drill (a sua volta sottogenere della trap). Negli ultimi cinquant’anni, un genere e due sottogeneri. Ed è stato preso solo un esempio in considerazione.

C’è da dire che con l’epoca digitale mettersi in mostra è più semplice. Produrre musica non è più impossibile o roba per pochi, pochissimi.
L’iperproduzione di musica è sicuramente dovuta anche a quello. Il drastico calo di durata di un’epoca musicale è, inoltre dovuta alle tante nuove menti in circolazione. Più idee, più mode. Più mode, più generi.
Quale sarà la prossima novità?
Francesco Trono
In copertina: ocanerarock.com