Vittorio Sereni e la parola come strumento umano

Penso, semmai, agli strumenti come ai mezzi o agli espedienti con cui un uomo affronta il reale. Non vorrei sottolineare troppo l’aggettivo “umani”, non vorrei dargli un’intonazione patetica […] ma, semmai, un’espressione più – come dire? – limitativa ed anche amara, al tempo stesso sottintendendo tutto ciò che gli strumenti umani non riescono a padroneggiare”
Gli strumenti umani è il titolo della raccolta poetica di Vittorio Sereni, pubblicata nel 1965. Ma quali sono questi strumenti a cui fa riferimento il poeta luinese?


Tra i tanti che vengono passati in rassegna all’interno della raccolta c’è un unico grande strumento che caratterizza l’essenza dell’essere umano in quanto soggetto privato e politico, in quanto entità individuale quanto collettiva: la parola. La parola diventa il mezzo di comunicazione tra il soggetto e la sua interiorità, tra il soggetto e gli altri, nonché uno strumento privilegiato di creazione del conflitto e di lotta. All’interno della sua opera Sereni è stato capace di renderne il potere intrinseco, tanto nella riflessione metapoetica quanto nella realizzazione creativa più concreta, con l’impiego di un impianto narrativo-dialogico, e con l’ingresso nella poesia di oggetti quotidiani che segnalano una precisa collocazione temporale nella contemporaneità delle vicende descritte, ulteriormente rimarcata da ulteriori spie come l’ingresso di un linguaggio politico che rimanda echi delle questioni politico-sociali più scottanti del periodo in cui Sereni scrive.


La poesia di Sereni è altamente sensibile agli stimoli offerti dal panorama culturale e sociale in cui è
immersa: pur non dichiarandolo sempre esplicitamente, reca i segni dei dibattiti e delle istanze poetiche che percorrono i periodi storici vissuti dal poeta luinese, evidenti anche nelle sue scelte stilistiche e linguistiche. L’operazione innovatrice di Sereni consiste nell’incanalare le spinte innovatrici e contrastanti che animano il quadro culturale postbellico in continuo fermento, riuscendo a intuire e a dare corpo alle contraddizioni derivanti dalla loro collisione attraverso una rielaborazione personale e originale. Sereni riesce così a fornire una delle immagini più autentiche dello spirito e delle problematiche del momento storico in cui ha vissuto, dell’epoca del dopoguerra, del boom economico e della crisi delle ideologie, attraverso un lavoro di conciliazione e di mediazione degli spunti derivanti dalla discussione delle problematiche che attraversavano lo scenario culturale del Paese in quegli anni.
Attraverso un rimodellamento del linguaggio e una rielaborazione dell’eredità ermetica
primonovecentesca, all’interno de Gli strumenti umani Sereni sviluppa un nodo centrale all’interno delle problematiche contemporanee: il rapporto conflittuale tra l’individuo e la collettività nella società tardocapitalista e di mercato e l’apparente impossibilità di conciliare la sfera intima e la sfera pubblica.


Questa conflittualità e l’impossibilità di comunicare con l’esterno si sviluppa attraverso un percorso che tende verso un unico grande obiettivo: quello del dialogo e dell’incontro con l’altro. Una comunicazione con l’altro che può essere resa possibile solo attraverso una riflessione sullo strumento che permette la creazione di legami tra soggetti e la costruzione di spazi in cui essi possano creare relazioni e spazi di lotta e di resistenza: il linguaggio.
Sereni rivendica l’indipendenza del linguaggio poetico, ma lo riplasma rendendolo adatto alla
contemporaneità, sottolineando il compito supremo della poesia, ciò che la rende viva e adattabile a ogni tempo e luogo: la capacità di comunicare e di trasmettere molteplici messaggi pur non tradendo la propria natura e mantenendo la capacità di nutrirsi dello spirito del tempo e di rielaborarlo, offrendo nella sua rielaborazione spazi di riflessione e di progettazione.


La parola nel momento in cui diventa strumento di scambio e di condivisione, diventa lo strumento umano per eccellenza, lo strumento di comunicazione non solo tra gli esseri umani, ma il veicolo attraverso cui la conoscenza del mondo prende forma e l’esperienza. La parola diventa tale sprigionando la propria potenza comunicativa in relazione all’esistenza di un ascoltatore: questi è centrale nella progressione narrativa de Gli strumenti umani, che nel corso delle diverse sezioni presenta diverse tipologie di interlocutori, sia esistenti che immaginari, ma che sottintende e richiede costantemente, attraverso l’impiego ripetuto di un tu generico, la presenza e l’interazione dell’interlocutore più importante: il lettore, a cui già nel componimento proemiale che apre la raccolta l’io Vittorio si rivolge: con non altri che te è il colloquio.

Sofia Racco

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