Letizia Battaglia: dignità e inquietudine di un amore amaro

È scomparsa lo scorso 13 Aprile Letizia Battaglia, fotografa di fama internazionale nata a Palermo nel 1935. La sua carriera nel mondo del fotoreportage comincia negli Anni ’70, in età adulta, ed è durante i quattro anni trascorsi a Milano che impara ad usare la macchina fotografica, identificandola come un potente mezzo attraverso il quale raccontare ogni possibile realtà.

Nel 1974 torna a Palermo e, nell’Italia degli anni di piombo, fotografa una Sicilia in cui gli scontri politici si intrecciano alla lotta contro la mafia, dando così inizio a un ventennio tra i più bui e sanguinosi del Bel Paese.

Nella redazione del giornale palermitano L’Ora, con cui aveva lavorato in passato come giornalista, collabora adesso in qualità di responsabile della fotografia. È la prima donna fotoreporter in Italia che ricopre un ruolo di rilevanza in un ambiente caratterizzato, in quegli anni, da un’elevatissima presenza maschile. In diverse interviste ha raccontato di come spesso le sia stato negato l’accesso ai luoghi delle stragi in quanto donna, perché in Sicilia “Ogni volta che c’era un morto erano solo gli uomini a passare”.

Ma l’ostilità della società del tempo la motiva profondamente, spingendola a farsi portavoce di una filosofia, inusuale per l’epoca, che considera le donne capaci e meritevoli di un posto nel mondo.

Grazie a questa determinazione e al talento fotografico che la contraddistingue, si afferma sulla scena mondiale ricevendo, negli anni, diversi riconoscimenti importantissimi: dal Premio Eugene Smith nel 1985 a New York fino al Premio Erich-Salomon nel 2007 a Berlino. La sua arte oltrepassa le Alpi, diffondendosi in diversi Paesi del vecchio continente e oltre oceano, fino a raggiungere Stati Uniti, Brasile e Canada. Alcuni registi premiano l’impegno profuso dalla fotografa nella lotta contro la mafia, rendendola protagonista di documentari come AmoreAmaro di Francesco Raganato e Una donna contro la mafia, dedicatole da Daniela Zanzotto.

Il principale focus delle sue fotografie è stato, sicuramente, il racconto della sua terra tediata da Cosa Nostra. Nei momenti salienti della lotta mafiosa contro lo Stato, Battaglia è sempre in prima fila per immortalarne le conseguenze: davanti a lei solo l’obiettivo della sua macchina fotografica, attraverso il quale osserva la crudeltà umana prendere forma nelle stragi di stampo mafioso. Tra le sue fotografie più celebri, ad esempio, quella che ritrae Sergio Mattarella mentre regge il corpo esanime di suo fratello Piersanti; inoltre, i funerali del Generale Dalla Chiesa e l’omicidio del Giudice Terranova sono altri due tra i suoi più famosi scatti, così crudi e drammatici ma al tempo stesso necessari. Un avvenimento che lascia il segno nella sua vita è, senza dubbio, la morte dei magistrati Falcone e Borsellino: la fotoreporter racconta che in seguito all’attentato ha sentito la necessità di allontanarsi per qualche anno dal suo lavoro, per prendersi una pausa da tutta quella violenza, trasferendosi a Parigi.

Tuttavia, il rapporto ambivalente con la sua città, da cui è scappata molte volte, ma dove ha sempre fatto ritorno, la accompagnerà per tutta la vita: Palermo è la sua casa e malgrado il sangue che ne macchia le strade, essa costituisce le radici di questa donna forte e intraprendente. Decide, allora, di raccontare il capoluogo siciliano non solo attraverso le stragi di cui è stato scenario, bensì immortalando le scene di vita quotidiana che si consumano nei diversi quartieri, nelle “vanedde” della periferia o del centro storico. Le bambine e le donne sono i suoi soggetti più cari, ciò che meglio riesce a fotografare perché in loro si rivede. Le ritrae sempre in bianco e nero così da spegnere, probabilmente in maniera volontaria, i colori luminosi di una terra bellissima ma tremenda: il suo amore amaro per un luogo enigmatico forse è rappresentato da questa scelta di non riportare sulla pellicola la policromia che, naturalmente, lo caratterizza.

“Palermo mi emoziona sempre, la continuo a fotografare. Palermo è piena di cose, cose belle e brutte. Come un amore. Palermo sono le bambine che continuano a guardare con occhi pieni di sogni. Laddove ci sono molte difficoltà i sogni sono belli, sono forti.”

Con queste sue parole la lasciamo al suo ultimo personalissimo viaggio in solitaria, provando a far tesoro dell’immensa lezione d’amore e di perseveranza che ci ha regalato finché è stata qui.

Anna Iannuzziello

Immagini in evidenza: ANSA.it, arte.it, ilmessaggero.it

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