“Lotto marzo”: lo sciopero transfemminista colora Torino

Insieme siam partite, insieme torneremo: non una di meno!”

Quello che avete letto è solo uno tra i tanti canti che l’altro ieri, martedì 8 marzo, avreste potuto sentire per le vie del centro di Torino, durante lo sciopero organizzato dall’associazione Non una di meno per la giornata internazionale della donna.  

La giornata comincia molto presto per ə manifestanti, con un presidio sotto l’ufficio regionale dell’Agenzia delle Entrate per sostenere lo sciopero delle lavoratrici, mentre alle 11.30 ci si ritrova davanti al Tribunale di Torino, in solidarietà alle donne vittime di stupri, femminicidi e molto spesso vittime, una seconda volta, di istituzioni e media.  

Non una di meno è una rete nazionale nata nel 2016 sull’appello, lanciato in seguito all’ennesimo femminicidio, delle compagne argentine che chiedevano una mobilitazione internazionale per il 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza di genere.” ci racconta Francesca, che fa parte di questa realtà,  “Oggi in Italia la rete conta decine di nodi su tutto il territorio e qui a Torino siamo al quarto anno di sciopero femminista e transfemminista. L’idea dello sciopero è nata per dare nuova vita a questa parola che, soprattutto negli ultimi anni, con gli attacchi al mondo del lavoro, aveva perso un po’ di significato. Con sciopero intendiamo sia uno stop dal lavoro produttivo, sostenuto dai sindacati, sia da quello riproduttivo, ovvero il carico di lavoro di cura e domestico che ancora oggi grava principalmente sulle spalle delle donne. In questa giornata invitiamo ad astenersi da queste attività così come da tutti i ruoli e dalle aspettative connesse al proprio genere, che sappiamo essere ancora una costrizione. Oggi abbiamo deciso di portare in piazza diversi temi che hanno attraversato la rete negli anni: la prima tappa infatti è stata sotto l’Agenzia delle entrate per sostenere un gruppo di lavoratrici delle pulizie in sciopero che stanno lottando per questioni contrattuali, in un ambito che, in questi due anni di pandemia, si è rilevato particolarmente importante, nonostante ciò non sia così riconosciuto. Abbiamo poi fatto tappa sotto il Tribunale perché stamattina una nostra sorella si trovava ad affrontare la prima udienza per un processo in seguito ad una denuncia di stupro. Abbiamo deciso di essere lì non solo per lei ma anche per tutte le donne che hanno vissuto una violenza istituzionale: sappiamo che purtroppo, chi sceglie di denunciare, spesso si trova di fronte ad una nuova forma di violenza, ritrovandosi sul banco degli imputati a giustificare il proprio stile di vita, rispondere a domande personali, sentirsi chiedere se si aveva urlato abbastanza, quanto si aveva bevuto quella sera e così via. Nelle scorse settimane avevamo chiesto di inviarci testimonianze riguardo a questo tema, testimonianze che stamattina abbiamo letto anche per le persone che volevano rimanere anonime, per far capire che si tratta di una violenza strutturale e non episodica: oggi i tribunali funzionano così e vogliamo che questo cambi, soprattutto a fronte di campagne che invitano le donne a denunciare ma senza spiegare che cosa questo comporta nel concreto. L’ultima tappa della mattinata è stata sotto l’Ospedale Oftalmico per affrontare il tema della salute, così attuale negli ultimi due anni. In particolare è stato ripreso il tema delle malattie invisibilizzate, che colpiscono innanzitutto i corpi delle donne e che, non essendo sempre riconosciute, hanno costi altissimi. Per dare un’idea avevamo costruito questo scontrino lungo diverse decine di metri, con la raccolta delle spese sanitarie che le persone ci hanno inviato negli scorsi giorni. Volevamo arrivare fin sotto l’ospedale ma la Polizia, nonostante il percorso fosse stato comunicato in anticipo, ce l’ha impedito, sostenendo che avremmo messo a repentaglio il libero accesso all’ospedale. ” 

“Perché la scelta del nome “sciopero transfemminista”?” 

“L’idea nasce da una riflessione che sta attraversando la rete. Ci piace pensare che esistano tanti femminismi: non ci riconosciamo in tutti ma vogliamo dare l’idea di un processo il più possibile inclusivo di tutte le soggettività, istanze ed identità che in questa giornata vogliono riconoscersi, guadagnando il loro spazio. E’ il simbolo di un femminismo che è in continuo divenire.” 

Esibizione di Bubble Dance Torino in Piazza Statuto

La pausa pranzo, organizzata in Piazza Statuto, è stata arricchita da un’esibizione improvvisata della scuola Bubble Dance Torino: “Bubble Dance è un movimento per la promozione di tutte le arti che nasce a Bruxelles durante la pandemia” ci dice Clelia, che fa parte della scuola, “con tutti i teatri chiusi e una situazione per i lavoratori dello spettacolo tragica, l’unico modo per ritrovarsi a danzare era proprio in giro, all’aperto. A Torino abbiamo iniziato da quasi un anno e ora siamo un grande gruppo che comprende non solo danzatori, ma anche circensi, attori, poeti e musicisti. Ci ritroviamo quasi settimanalmente in giro per la città e improvvisiamo, come stiamo facendo oggi in collaborazione con l’associazione Non una di meno, per veicolare anche noi il messaggio di questa giornata.” 

Alle 16 il Corteo riparte, con meta finale Piazza Vittorio. La prima tappa è Piazza XVIII dicembre, dove la marea comincia piano piano a costruirsi: sono centinaia le persone presenti, ognuna per portare la sua personale lotta femminista. Sono tantissimi, infatti, i temi strettamente legati a questa, così come tantissimi sono stati gli interventi in piazza. Si è parlato di ambiente, perché non ci può essere futuro per la Madre Terra se non c’è libertà per tutte le donne nel mondo; si è parlato di lavoro, luogo dove la maternità è ancora considerata un problema e dove le donne devono molto spesso combattere quotidianamente con molestie inflitte loro da capi e colleghi; si è parlato di precariato, ma anche della proposta di introdurre un welfare universale, un salario minimo europeo e di redistribuire i lavori domestici e di cura, perché non siano più a carico prevalentemente delle donne. Allo stesso modo anche la comunità transessuale ha avuto modo di portare le sue istanze, denunciando un mondo transfobico e ancora troppo spesso costruito su misura di un ipotetico maschio bianco cisgender ed eterosessuale. La comunità bisessuale, rappresentata alla manifestazione dal Collettiva Lato B, ha posto invece l’accento sulla retorica eteronormativa che marginalizza le persone bisessuali descritte come promiscue e costrette a subire violenze in percentuali ancora più elevate rispetto ad altre categorie. Non è mancato poi un appunto sulla situazione internazionale, grazie all’intervento di una rifugiata afghana, e ad alcuni rimandi alla tragica situazione delle donne ucraine vittime della guerra.  

“Siamo scese in Piazza oggi per scioperare come forma di manifestazione contro il lavoro precario, violento, contro il livello di disoccupazione che incombe nelle vite delle donne e delle persone queer.” ci ha detto Nina, anche lei parte dell’associazione Non una di meno, “Anche ə studentə hanno deciso di scendere in piazza, creando uno spezzone loro, per manifestare contro il sessismo e le violenze che vivono costantemente all’interno delle università e delle scuole e soprattutto per denunciare un sistema universitario e scolastico che non ascolta i bisogni deə studentə.” 

Il corteo è risultato, infine, anche un momento di aggregazione, un modo colorato, allegro, coinvolgente ed inclusivo per lottare contro gli stereotipi lavorando ogni giorno e non solo l’8 marzo allo scopo di abbatterli completamente, per dire no ad ogni forma di violenza, alla guerra, al razzismo, ai confini, alle discriminazioni, per far sentire tuttə accoltə e ascoltatə in una giornata di festa. 

Marta Fornacini

Si ringrazia Antonio Ruggiero per la concessione delle immagini.

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. davidnewsonline ha detto:

    w le donne
    siamo state veramente uniche

    "Mi piace"

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