Le rivolte in Ciad dopo il colpo di Stato

Un’ondata di proteste ha travolto e ha continuato a segnare il Ciad negli ultimi giorni, dopo l’uccisione del presidente Idriss Déby Itno, alla quale ha fatto seguito la presa del potere da parte di un Consiglio militare di transizione. Le rivolte causate da quello che è stato percepito come un vero e proprio colpo di Stato hanno riportato, per ora, un grave bilancio di 5 morti e 400 feriti. I numeri però sono destinati a salire, in quanto, mentre le proteste continuano, la risposta dei militari è forte e violenta. 

Se si vuole creare un quadro generale della situazione, bisogna partire dal 20 aprile, giorno in cui la TV di Stato ha annunciato la morte di Idriss Déby. Il presidente, da poco rieletto per un sesto mandato, aveva alle spalle oltre 30 anni alla guida del Ciad, passati mantenendo ben saldo il potere nelle sue mani e spartendo i ruoli primari tra i suoi familiari, senza mai fare l’errore della troppa fiducia. Sin dal suo insediamento nel 1990, sono stati 17 i primi ministri che si sono succeduti. Nel 2018, con una nuova Costituzione da poter applicare, Déby aveva formato un nuovo governo che non comprendesse la figura del Primo ministro. 

Il presidente ha trovato la morte nella provincia di Kanem, nel Centro-Ovest del paese, dove da una settimana le forze del governo di Déby ingaggiavano i ribelli FACT (Front pour l’alternance et la concorde au Tchad). Le fonti ufficiali indicano i ribelli come gli assassini del presidente. Grazie a questa dichiarazione, anche il Consiglio militare che si è imposto al potere, guidato dal figlio del presidente Mahamat Idriss Déby, ha rifiutato la proposta di negoziazione del FACT, il quale si è dimostrato disponibile a una tregua. Per chi è al potere adesso, negoziare con i “fuorilegge” che stanno destabilizzando il paese è fuori discussione. 

Tra i cittadini ciadiani è forte il malcontento per il regime di transizione imposto. Diverse sono state le folle che hanno riempito le città del paese, chiedendo a gran voce lo scioglimento del Consiglio militare di transizione e la consegna del potere ai civili. Nonostante il dissenso, comunque prontamente represso e punito, il capo del Consiglio militare ha fatto il suo primo discorso alla nazione. Tralasciando completamente le rivolte ancora in atto, Mahamat Déby ha dichiarato come sia di massima priorità per il Consiglio “preservare le conquiste della pace e della stabilità e garantire l’unità e la coesione nazionale”. Inoltre, il figlio del presidente ha dichiarato che il potere verrà affidato a una personalità civile, con il compito di guidare un governo di transizione impegnato nel mantenimento dell’unità nazionale. Un altro annuncio riguarda la futura creazione di un Consiglio nazionale di transizione, che rappresenti tutte le province, per “consentire il supporto legislativo all’azione governativa e dare al Paese le basi per una nuova Costituzione”. Molti sono i dubbi che circondano le intenzioni dei dirigenti temporanei del paese e che sono, infatti, alla base delle proteste di queste settimane. Per ora, nessuno ha rassicurato i cittadini sui criteri e sui contenuti di una nuova Costituzione che potrebbe dar vita a un regime oligarchico, sostenuto probabilmente da interessi esterni come quelli della Francia, da sempre in ottimi rapporti con il presidente scomparso.

Antonio Ruggiero

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