Ogni passo in avanti sembra che debba essere controbilanciato da due fatti indietro.
In seguito alla decisione presa dalla Regione Piemonte di inviare alle Asl il bando per collaborare con organizzazioni pro-vita, che vorrebbero vietare l’interruzione volontaria della gravidanza con la pillola Ru486 presso i consultori, viene da chiedersi quale sia l’intenzione di fondo.
La decisione è partita da una proposta, risalente al settembre 2020, dell’assessore alla Semplificazione Maurizio Marrone, che incentivava la presenza di consultori pro-vita all’interno dei quali proibire la pillola Ru486. Il fine, secondo l’assessore, è quello della “tutela della vita fin dal concepimento”.
Questa affermazione dimentica, però, un aspetto molto importante: il fatto che chi contiene vita dentro di sé lo sia a sua volta. Di conseguenza, ogni donna non dovrebbe ricevere tutela secondo quanto previsto dalla legge 194, faticosamente conquistata?
Sembrano cadere in contraddizione le parole dell’assessore Marrone: il modello della donna-vaso dovrebbe essere stato ampiamente superato dalle società contemporanee. Questa visione si lega alla funzione di mera “utilità” della donna, la quale, una volta portata a termine la gravidanza, non risulta più importante nella società.
L’assistenza imparziale: dov’è?
Ci si chiede allora se il periodo della gravidanza, già di per sé complesso e delicato, debba essere ostacolato e condizionato da un parere di parte, poiché “pro-vita” implica il rifiuto dell’aborto.
Potersi affidare a un’assistenza medica in un momento così delicato dovrebbe garantire alla persona in questione di ricevere aiuto nel prendere autonomamente la decisione migliore per se stessa, e non essere confusa da un’imposizione che si pone contro la legge 194, tanto duramente conquistata.
La scelta dovrebbe avvenire in un ambiente in cui l’assistenza sia eseguita in maniera neutrale, senza condizionamenti di alcun tipo o influenza di pensiero.
La donna è in grado di prendere una decisione da sola, ma nelle situazioni di difficoltà e solitudine, o di altro genere, è bene che possa disporre di un parere imparziale.
L’obiezione di coscienza non basta?
Il diritto stesso concede talvolta la possibilità di poter agire secondo la propria sensibilità morale, e ciò accade anche nel caso dell’aborto, con l’obiezione di coscienza.
Medici e infermieri, pertanto, possono decidere se contribuire all’interruzione volontaria della gravidanza oppure rifiutare, poiché previsto dalla legge. Ciò è stato permesso per consentire libertà di scelta di fronte a situazioni che possono creare opinioni divergenti.
Se questi provvedimenti creano un equilibrio, consentendo l’aborto e allo stesso tempo l’obiezione di coscienza, per quale motivo bisognerebbe ulteriormente ostacolare una donna verso una scelta personale?
La giustizia dovrebbe essere difesa, non scardinata, e vedere sfumare equilibri conquistati nel tempo fa pensare a preoccupanti conseguenze per il futuro, rendendo i diritti tutt’altro che intoccabili.
Le parole contro questa decisione
Il provvedimento ha scosso gli animi di chi ha a cuore le questioni sociali e i diritti che sono stati conquistati nel corso degli anni e, soprattutto, con immensa fatica.
Già in molti si sono schierati contro la posizione dell’assessore Marrone, tra cui la sindaca di Torino Chiara Appendino, dichiarando che “in Piemonte sembra riaffacciarsi il delirio oscurantista e ideologico dell’assessore Marrone. Se pensa di calpestare anni di lotte per i diritti delle donne probabilmente ha sbagliato regione, sicuramente ha sbagliato città.”
Inoltre, la vicecapogruppo del Partito Democratico alla Camera, Chiara Gribaudo, ha affermato che “la posizione dell’assessore Marrone è vergognosa e nasconde una mentalità patriarcale e misogina.”
Nonostante la posizione infelice adottata, l’assessore Marrone replica ulteriormente “come prevede la legge 194, tutelare la libertà di scelta vuol dire anche aiutare le donne a superare le criticità economiche e sociali, che potrebbero spingere all’aborto.” Dimenticando, però, che libertà di decisione non significa spargere sul territorio associazioni di parte.
Perché è importante difendere la legge 194
Per rendere ancora più evidente la gravità del gesto dell’assessore Marrone, è doveroso soffermarsi su alcune questioni che hanno messo in difficoltà il mondo femminile.
Eva Cantarella, docente universitaria di diritto greco e romano, nel suo saggio “L’ambiguo malanno” spiega quanto siano state dure le ingiustizie contro la donna nel corso della storia, senza escludere la contemporaneità. Tra le più gravi, si pone l’annullamento dell’art 559 del codice penale, che puniva l’adulterio come reato commesso dalla moglie, soltanto nel vicino 1969.
Inoltre, fino al 1996 l’atto di violenza sessuale era considerato un “delitto contro la moralità pubblica e il buon costume”, affermazione che conferisce importanza prima all’opinione di chi avrebbe ricevuto la notizia della violenza e solo dopo alle difficoltà della vittima.
A partire da quell’anno in avanti si parlò di “lesione alla libertà personale”.
Eva Cantarella prosegue con la causa d’onore, che “Fino al 1981, anno in cui venne finalmente abrogato, l’art. 587 del codice penale stabiliva che chi uccideva per questa causa – nell’atto in cui scopriva la relazione carnale del coniuge, della figlia o della sorella, e nello stato d’ira determinato dall’offesa all’onor suo e della sua famiglia – non veniva punito come omicida.”
Queste sopra citate sono solo alcune delle situazioni di ingiustizia a cui le donne hanno dovuto far fronte, senza poter ricevere tutela.
L’importanza di difendere i diritti
Sembra così facile vedere sfumare sotto i proprio occhi diritti che sono stati faticosamente conquistati nel corso degli anni, con l’ulteriore ostacolo di scardinare le credenze e i tabù.
Alla luce di quanto affermato dall’assessore Marrone, viene da chiedersi se ci sia ancora una diffusa reticenza nell’accettare l’uguaglianza di genere e a concedere il diritto alle donne di poter scegliere quale sia la decisione migliore riguardante la loro coscienza e persona.
Le recenti parole dell’assessore lasciano molto su cui riflettere, e pongono l’attenzione su come sia facile vedere riaffiorare alcune lacune della nostra società. Le zone d’ombra che vogliono essere gettate sui diritti dovrebbero spingere le persone a prendere atto di quanto sia importante difenderli, a non dimenticare il passato e gli sforzi, i sacrifici, compiuti da ogni persona che ha contribuito alla lotta per la loro difesa e per garantirci un presente migliore.
Federica Seni Ferreri