Il mestiere dell’odiatore

Coloro che sono familiari con i romanzi di Murakami Haruki, riconosceranno l’assonanza del titolo con il romanzo Il mestiere dello scrittore. E in effetti – oggi più che mai – il mestiere dell’odiatore e l’arte della scrittura sono strettamente collegati.

Un tempo gli odiatori – anche detti haters – erano noti per il loro accanimento contro personaggi famosi, oppure particolari fenomeni o idee. Il loro dominio sempre è stato, e sempre rimane, l’Internet, dove l’anonimato permette loro di esprimere un’immotivata e irrazionale violenza verbale contro le loro vittime.
Gli odiatori inoltre agiscono prevalentemente in gruppo: è quel fenomeno che viene definito shitstorm – tempesta di m*rda – e che spesso richiede un coordinamento affinché ogni membro del “branco” partecipi e scriva il proprio commento carico d’odio contro colei, colui, o ciò, che è stato preso di mira. È precisamente per questo che nascono gruppi sui forum – ma sempre più spesso su Telegram o su Facebook – che mettono in contatto tutti gli haters accomunati da un astio contro lo stesso preciso soggetto, segnalando loro quali post bombardare di insulti e offese. È il caso, ad esempio, di “Libera Informazione” su Telegram e “SHITSTORM ITALY BADASS TEAM” su Facebook. Se avete cercato quest’ultimo sul social di Zuckenberg e non l’avete trovato, è perché il più delle volte tali gruppi sono segreti e nascosti, ossia sono visibili solamente dai membri o da chi viene invitato a unirsi. Fra le ultime operazioni d’odio c’è stata quella contro il video promozionale per il vaccino anti-covid pubblicato su Youtube da Palazzo Chigi, assaltato da più di 10 mila “non mi piace” (i commenti sono stati disattivati probabilmente per prevenire attacchi del genere).

L’odiatore contemporaneo

Una componente fondamentale negli attacchi da parte degli haters sono le fake news: se in principio si trattava di diffondere notizie false, costruite ad hoc oppure manipolate, riguardo reati e altre azioni spregevoli commesse dalla vittima, oggi – in tempo di pandemia – l’odiatore tipico prende di mira la COVID-19. (Per il correttore: non è un errore! Per abitudine diciamo IL covid 19, ma in realtà è LA covid-19, oppure IL coronavirus)

In più – forse proprio come atto di beffa rispetto al virus – il mestiere dell’odiatore moderno non si limita alla tastiera del computer o del cellulare, bensì si sposta – facendo “massa” – nella vita reale, nelle piazze, davanti ai palazzi pubblici, oppure alle case delle vittime.
E poiché esiste una sorta di “contromestiere” rispetto a quello di chi che diffonde notizie false – vale a dire il lavoro del debunker, che si occupa di demistificare e smentire bufale e falsità – gli attacchi degli haters possono rivolgersi anche a questo tipo di avversario. Nelle fila nemiche dell’odiatore, si trova ad esempio David Puente, le cui contro-notizie si possono leggere qui. Anche lui è stato coinvolto nello scontro fra la verità e i negazionisti della COVID-19, arrivando a ricevere addirittura minacce di morte telefoniche oltre che sul web. Non a caso, Puente definisce questo un “odio organizzato“, addirittura analogo allo “squadrismo“, coordinato e incitato da parte di “guru dell’odio” che dirigono e aizzano il moderno odiatore.
Questi soggetti possono diventare “pericolosi”, al punto che in paesi come la Spagna possono essere reputati alla stregua di terroristi.

In più, oggi l’odiatore mistificatore della pandemia entra nei pronto soccorso e negli ospedali, per filmare i parcheggi vuoti, le ambulanze silenziose o i corridoi deserti, improvvisandosi reporter del “virus inventato” e della “dittatura sanitaria” come la definiscono loro.
Ad alimentare e aggravare il fenomeno c’è il fatto che gli odiatori vivono all’interno di comunità – per quanto virtuali – che corrispondono a delle “bolle informative“, altrimenti dette “bolle di filtraggio”, che rendono ancora più complesse attività come quelle del debunker. Tali “bolle” sono infatti il prodotto degli algoritmi di personalizzazione dei contenuti su Internet, i quali tramite l’analisi di comportamenti precedenti come click, visualizzazioni, interazioni eccetera, selezionano contenuti simili, in grado di intrattenere e gratificare l’utente. Di conseguenza, quest’ultimo non verrà esposto a informazioni che contraddicono il suo punto di vista o la sua ideologia, rimanendo appunto nella propria “bolla”: non è un caso, che il titolo del libro in cui l’attivista Eli Pariser ha introdotto il concetto, è The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You,

A ogni modo, da un‘indagine VOX risulta che – persino in tempo di pandemia – le vittime maggiormente prese di mira dagli odiatori in Italia sono le donne. Solamente tre mesi ci separano dall’inizio del 2021, eppure sono già stati undici i femminicidi commessi a causa dell’odio (dati aggiornati al 23 febbraio): un odio che in questo caso è individuale – in quanto ogni vittima ha contro di sé un singolo odiatore – ma anche generale, dato che colpisce una categoria intera di soggetti. Oltretutto, la pandemia e i ripetuti lockdown hanno fatto emergere un sottostrato nascosto di odio, ma per approfondire questo tema vi rimandiamo all’ultima puntata di Presa Diretta, che potete vedere in streaming qui (il servizio dedicato inizia al minuto 1’12’30).

Cosa posso fare io? #iosonoqui

Pur non essendo dei debunker professionisti, nel nostro piccolo possiamo contribuire alle operazioni di contrasto degli odiatori e delle fake news da loro diffuse, entrando a far parte del network #iosonoqui. Si tratta di un’iniziativa di “contro-reazione” che conta, a livello mondiale, circa 150 mila attivisti digitali, sparsi in dodici paesi del globo. Il loro modus operandi riprende quello dei gruppi di haters – infatti anche loro si coordinano in gruppo per commentare in massa un particolare contenuto – tuttavia senza mai interagire con i contenuti pubblicati dai loro “avversari”. In effetti, queste interazioni darebbero visibilità ai commenti o ai post della controparte. Invece, l’obiettivo consiste nel far “eclissare” i commenti negativi, tramite un moltiplicarsi di commenti positivi: è la tecnica del counterspeech (contrapposto a hatespeech).

Soprattutto in questo periodo, il lavoro degli attivisti di #iosonoqui consiste nel sostenere la scienza, legittimare i ricoveri negli ospedali, ma anche il vaccino, tramite messaggi “simbolici” che comunque riescano a offuscare quelli carichi d’odio e di falsità.

Alice Tarditi

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