All’inizio dello scorso anno, in Europa e negli Stati Uniti, si è assistito ad un aumento delle aggressioni a sfondo razziale nei confronti dei cittadini di origine asiatica. In Italia non sono mancati episodi di sinofobia, da febbraio 2020 si è tentato di tenere alta l’attenzione verso le sempre più frequenti aggressioni verbali e fisiche subite da alcuni cittadini.
Una delle motivazioni di questa crescita esponenziale si è ricercata nella comparsa del Covid-19 ma in uno studio commissionato dal Dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali del Parlamento Europeo, pubblicato nel mese di luglio 2020, si evidenzia come il Covid non abbia fatto altro che portare alla luce una realtà già esistente. Di certo il linguaggio usato dalla stampa internazionale e da alcuni leader mondiali non ha aiutato. Le narrazioni più o meno velatamente razziste sono state la norma per mesi: si è letto un po’ di tutto, da “virus Cinese” a “Kung-Flu”.
Nel solo 2019, negli Stati Uniti, si è registrato il numero più alto del decennio di aggressioni a sfondo razziale nei confronti di cittadini di origine asiatica e dall’inizio della pandemia i numeri sono peggiorati. Il Dipartimento di Polizia di New York ha registrato un aumento del 1900% di aggressioni razziste e l’associazione no profit Stop Asian Americans and Pacific Islanders Hate (Stop AAPI Hate) sostiene che negli USA, nell’ultimo anno, sono avvenuti più di tremila episodi di violenza nei confronti di minoranze asiatiche.
Uno degli ultimi episodi è avvenuto a San Francisco, dove Vicha Ratanapakdee, un ottantaquattrenne di origini tailandesi è deceduto a causa di un’aggressione da parte di un diciannovenne. A seguito di queste aggressioni razziste, l’Asian American Collective ha richiesto tramite una petizione una maggiore attenzione da parte dei media mainstream che, secondo l’associazione, fino ad allora sono sembrati poco interessati alla questione. La petizione su change.org ha raccolto oltre 120 mila firme e ha incitato altre vittime di aggressioni a condividere le loro esperienze tramite social usando l’hashtag #TellOurStories. La mobilitazione ha toccato anche molti attori, artisti e numerosi brand che, tramite l’hashtag #StopAsianHate hanno postato sui loro social messaggi di solidarietà.
Alla fine di febbraio, a pochi giorni dal suo insediamento, il Presidente USA Joe Biden ha firmato un memorandum per combattere la xenofobia e la discriminazione nei confronti dei cittadini di origine asiatica, specialmente in relazione al linguaggio utilizzato riguardo il Covid-19. Alcuni attivisti sostengono che il problema non può essere sradicato così semplicemente, perché la discriminazione nei confronti di quella che viene definita (in modo stereotipico) la “Model Minority” è fin troppo consolidata e necessita azioni radicali.
Il movimento è ancora relativamente giovane e sarà interessante osservarne lo sviluppo nei prossimi mesi, anche in contesto europeo.
Daniela Carrabs
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