Effetto spettatore: la diffusione di responsabilità

New York, 1964. La giovane ragazza Kitty Genovese viene brutalmente aggredita nel quartiere del Queens. L’assassino, allarmato dalle urla della giovane, inizialmente scappa, temendo che le grida possano richiamare l’attenzione del vicinato. Nulla accadde. Mezz’ora dopo, l’uomo torna sul luogo dell’aggressione, dove trova la giovane Kitty ancora agonizzante e sdraiata sul marciapiede: la uccide.
Le circostanze in cui avvenne il brutale omicidio sconvolsero, all’epoca la cronaca newyorkese: secondo un articolo del New York Times dell’epoca, 38 persone assisterono al fatto e nessuna di esse intervenne per cercare di salvare la ragazza. Successivamente si scoprì che non tutti i testimoni rimasero del tutto in disparte: un paio cercarono di chiamare la polizia, una donna scese e cullò la giovane ragazza. Ma ciò che di importante resta è che nessuno, nel momento immediato in cui Kitty era più bisognosa d’aiuto, prese l’iniziativa e intervenne.
Immagino che vi stiate chiedendo il motivo di tale indifferenza: come si può rimanere impassibili e inermi di fronte a tali brutalità? E se vi dicessi che il comportamento attuato da quelle persone rispecchia un fenomeno che riscontriamo quotidianamente nella nostra vita?

Cos’è la diffusione di responsabilità?

Molti studiosi cercarono di comprendere le dinamiche sottostanti alla mancanza di intervento. I soggetti, quando si trovano davanti a situazioni di emergenza o in cui è necessario intervenire, affrontano un conflitto psichico interiore: se da una parte moralità ed etica imporrebbero agli individui di agire, dall’altra prende il sopravvento il fenomeno denominato diffusione di responsabilità.
In che cosa consiste la diffusione di responsabilità? Possiamo definirla come un fenomeno sociopsicologico caratterizzato dalla probabilità che un individuo si assuma meno responsabilità per un’azione, se sono presenti altri soggetti. Da qui viene anche il termine effetto spettatore: come possiamo intuire, chi si trova in una situazione che richiede un’azione, si trova, invece ad osservare, inerme e immobile, come uno spettatori a teatro. In altre parole, più individui assistono ad una situazione, meno si sentono responsabili per ciò che sta accadendo, in quanto la responsabilità del “fare qualcosa” viene suddivisa tra tutti i presenti. Ed è ciò che è accaduto quella terribile notte del 1964: “Ma perché dovrei intervenire quando nessuno lo fa?” o “Sicuramente qualcun altro, in questo momento, starà cercando di aiutare la povera ragazza”. Furono questi pensieri, probabilmente, ad impedire alle 38 persone di intervenire.

Come si combatte?

La diffusione di responsabilità è, allo stesso tempo, un meccanismo che si può interrompere semplicemente prendendo l’iniziativa ed intervenendo per primi. Agendo, il circolo della responsabilità si disintegra, portando automaticamente tutte le altre persone ad intervenire.

Quindi, cari lettori, fate un passo indietro e pensate a tutti quegli episodi di quotidianità in cui vi siete trovati in una circostanza in cui avreste sentito di dovere o potere fare qualcosa e a come avete agito voi o le persone che vi circondavano. Pensate a cosa succede quando qualcuno prende l’iniziativa e attraversa la strada con il semaforo rosso o a come reagiscono le persone di fronte una signora anziana che ha bisogno di aiuto: l’effetto spettatore si dirama in ogni dettaglio e piccola vicenda della nostra quotidianità. Sta a noi scovarlo.
La cosa più importante da tenere a mente è la consapevolezza di poter rompere questo circolo di diffusione di responsabilità: ognuno di noi ha il potere di agire, intervenire, prendere l’iniziativa e aiutare e, magicamente, tutti gli altri seguiranno.

Giulia Bertolino

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