Nello studio della storia e della letteratura cinese antica, sono molti gli importanti personaggi, storici o di fantasia, che possono colpire l’attenzione degli studenti o degli studiosi di Cina per i motivi più disparati. Sima Qian (Sīmǎ Qiān, 司马迁), l’autore di “Memorie di uno storico” (Shǐjì, 史记), è senza alcun dubbio uno dei personaggi storici più interessanti. Questo articolo, però, non vuole soffermarsi meramente su Sima Qian in quanto storico e sulla sua opera, quanto più sul Sima Qian essere umano e sui motivi che, nonostante il disonore subito in seguito alla castrazione, lo hanno spinto a continuare a scrivere un’opera di straordinaria importanza, baluardo della storiografia cinese antica.
La vita e il declino del Grande Storico
Sima Qian (c. 145 a.C – c. 86 a.C.) è stato il più grande storico dell’antichità cinese. Suo padre era Sima Tan (Sīmǎ tán, 司马谈), “Grande Storico” (太史, tàishǐ) alla corte dell’imperatore Wu della dinastia Han (汉武帝, Hàn Wǔdì). Sima Tan aveva iniziato un progetto molto ambizioso, ovvero scrivere la storia del mondo conosciuto, quindi la Cina del suo tempo, e dei popoli e regni vicini rilevanti per la storia del suo paese. Sima Tan purtroppo morì prima di riuscire a concludere il suo progetto e, prima di morire, esortò suo figlio a terminare il lavoro rimasto incompiuto. Sima Qian seguì quindi le orme del padre servendo l’Imperatore Wu come “Grande Storico” e continuò l’opera storica iniziata da suo padre.
L’imperatore Wu si impegnava spesso in guerre di espansione territoriale, nel 99 a.C inviò il generale Li Ling a nord per combattere i nomadi Xiongnu. La spedizione si rivelò disastrosa e i soldati del generale furono massacrati. A quel punto iniziarono a levarsi voci a corte riguardo alla possibile slealtà del generale verso l’imperatore, voci che raggiunsero lo stesso imperatore, il quale ordinò che tutti i membri della famiglia del generale Li Ling venissero uccisi e lo stesso fosse condannato a morte in contumacia. Sebbene non fosse un amico stretto del generale, Sima Qian parlò in sua difesa. L’imperatore condannò così a morte lo stesso Sima Qian. La sua famiglia non aveva abbastanza soldi per pagare la commutazione della pena, nessun amico o cortigiano si oppose alla decisione e cercò di difenderlo. Sima Qian essendo un funzionario di alto rango poté scegliere tra la pena di morte e la castrazione. Egli scelse di vivere con l’umiliazione di essere un eunuco per completare il progetto iniziato dal padre. La maggior parte degli uomini si sarebbe suicidata in seguito ad un disonore tanto grande, ma Sima Qian si sentiva in obbligo nei confronti del padre e del progetto storico da lui iniziato, progetto che doveva essere portato a termine.
Il lato più umano di Sima Qian
Nello studiare la figura di Sima Qian, è difficile non essere colpiti dalla “Lettera a Ren An” (报仁安书, Bào Rén Ān shū). Nella lettera, Sima Qian risponde alla richiesta di aiuto del suo amico il quale era stato imprigionato e condannato a morte a causa del suo ruolo nella ribellione del principe ereditario Liu Ju nel 91 A.C. Voleva quindi chiedere a Sima Qian di intercedere per lui presso l’imperatore Wu, ma egli rispose di essere “solamente un uomo mutilato”, che non può rivolgersi all’imperatore. Parla di sé come “niente di più di quello che resta della sega e del coltello”, parole dure, dolorose, che fanno comprendere la sofferenza di questo essere umano.

Nella lettera, Sima Qian spiega anche all’amico i motivi che lo hanno portato ad accettare il disonore legato alla castrazione: lui era spinto da motivi superiori, non dal desiderio di sopravvivere. Per quanto sia nella natura dell’uomo disprezzare la morte e quindi aggrapparsi in ogni modo alla vita pur di poter sopravvivere, per quanto lui possa apparire un debole per non essersi suicidato in seguito alla castrazione, non si ritiene un codardo. Molti grandi uomini del passato, una volta morti, sono stati dimenticati, soltanto i personaggi più capaci e straordinari sono rimasti nella memoria di tutti, personaggi che in momenti di estremo dolore e difficoltà sono stati in grado di produrre opere di tale importanza da essere considerate senza tempo. Ne è un esempio Confucio, che quando si ritrovò in difficoltà scrisse il Chunqiu (春秋, Chūnqiū), “Annali delle Primavere e degli Autunni”, incluso ancora oggi nella lista dei Cinque classici della letteratura cinese; ne è un esempio lo statista e poeta Qu Yuan (屈原, Qū Yuán) che, quando fu bandito da corte a causa delle malelingue, scrisse il “Lisao” (离骚, Lísāo), “Incontro al dolore”, e molti altri sono gli esempi riportati da Sima Qian. Lui stesso ha deciso di non essere modesto e di affidare se stesso ai suoi scritti. Questo è il motivo che lo ha portato a sottoporsi all’orribile pena che ha dovuto subire. Se la sua opera, una volta terminata, fosse stata trasmessa ai posteri e conosciuta, e quindi lui fosse stato ricordato grazie a questa, non gli sarebbe importato di dover subire ancora diecimila mutilazioni, non avrebbe avuto rimpianti.
Sima Qian oggi
Possiamo dire che Sima Qian ha realizzato la sua ambizione di essere ricordato dai posteri. Il suo “Shiji” è ancora oggi unanimemente apprezzato per il suo alto valore letterario e costituisce un must nel campo degli studi sulla Cina, oltre ad aver influenzato tutta la successiva letteratura cinese. Inoltre, la sua devozione al padre e al suo lavoro, insieme alla sua perseveranza sono ancora oggi ammirate come un fulgido esempio di pietà filiale e integrità intellettuale.

Malvina Montini
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