
Nella nostra cultura, come in molte altre in Occidente, la morte è vista e vissuta come una cosa triste e negativa, ma in alcuni paesi dell’Est del pianeta non è così.
In Indonesia, per esempio, più precisamente nell’isola di Sulawesi, tra il Borneo e le isole Molucche, è presente la popolazione Toraja, una fra le più antiche del paese, che vive la morte come un semplice momento, una tappa, dell’esistenza umana, ed è da questa convinzione che nasce il rituale chiamato Ma’nene.
Un essere umano non è considerato morto fino alla fine della cerimonia funebre, vissuta dalla popolazione come il momento più importante del ciclo vitale, per il quale i cittadini risparmiano tutta la vita. I corpi, al momento della morte, vengono mummificati con elementi naturali, così da poter essere conservati e sepolti in tombe rupestri. Ogni 3 anni per il Ma’nene, verso la fine di agosto, i familiari fanno visita ai propri cari presso le loro sepolture.

Il rito non prevede solo la visita… anzi.
Una delle parti più importanti è la rimozione del corpo dalla bara, la pulizia dei cadaveri e il cambio dei loro indumenti. Fra i principali motivi vi è il non voler dire ancora addio ai propri familiari, ma anche quello di continuare a dimostrare la loro appartenenza alla società. Dopo aver preparato i corpi, questi vengono mostrati con orgoglio agli altri partecipanti con una processione lungo i villaggi, durante la quale si assiste anche all’offerta di cibo, bevande e sigarette. Spesso accanto a essi è presente una foto del defunto, così da ricordare il suo aspetto in vita e poter festeggiare insieme.
Nel caso in cui del cadavere siano rimaste solo le ossa, queste vengono avvolte in stoffe colorate e pregiate. Per la popolazione Toraja il trattamento dei propri cari e, soprattutto, il funerale rappresenta una vera e propria dimostrazione del loro status quo.
“Noi non abbiamo paura del corpo morto, perché il nostro amore per i nostri avi è molto più grande della paura.”
Ecco un video del National Geographic per comprendere le diverse sfumature del rito Ma’nene.
Daniela Frezzati