La Fase 3 e la riapertura dei teatri a Torino: intervista a Luigi Orfeo di Casa Fools

Dopo un lungo periodo di chiusura, il 15 giugno cinema e teatri riaprono in tutta Italia. Come in altri settori però i problemi sono ancora molti, non in ultimo quello degli accessi limitati: per molti luoghi, tagliare più della metà dei posti (e quindi dei biglietti) significa non rientrare nelle spese. Così, a Torino come in altre città, ci sarà chi non riuscirà ad aprire, mentre molte produzioni si sposteranno all’ aperto.

A questo proposito, abbiamo intervistato Luigi Orfeo, attore, regista, sceneggiatore e tra i membri fondatori della compagnia dei Fools, a Torino dal 2013, e di Casa Fools, aperta nel 2018.

Chi sono i Fools?

I Fools come compagnia nascono nel 2005 a Roma, dove io e Stefano Sartore ci siamo incontrati alla Silvio d’Amico. Dopo 10 anni di lavoro a Roma volevamo cambiare e abbiamo deciso di trasferirci tutti in blocco a Torino. A Torino abbiamo conosciuto Roberta Calia e noi tre abbiamo rifondato tutta la nostra attività, quindi la scuola di teatro Fools Factory, i laboratori di ricerca sul teatro, e non di teatro, che si chiamano Fools Lab e alla fine abbiamo rilevato l’ex Caffè della Caduta nel giugno 2018. Nel settembre 2018 l’abbiamo aperto, diventando Casa Fools Teatro Vanchiglia.

Parlaci meglio di Casa Fools.

Casa Fools oltre ad essere una “casa col teatro dentro” è un luogo dove abbiamo cercato di far crescere una comunità culturale; cioè, non ci siamo interrogati solo sul cartellone da proporre al pubblico, ma il nostro principale obiettivo è tutt’ora – se rimaniamo aperti – lavorare sul benessere dell’essere umano, perché crediamo fermamente che in una società collettiva (come Torino) è impossibile essere felici da soli. L’abbiamo visto durante questa pandemia.
Quindi Casa Fools non si occupa solo di teatro – dove oltretutto il cartellone è scelto insieme al pubblico e il prezzo del biglietto per lo spettacolo lo sceglie il pubblico – ma abbiamo dato una mano alla lotta allo spaccio di via Balbo, alla riqualificazione del quartiere attraverso presidi, dipingendo muri, regalando poesie per strada, aprendo un dialogo con le altre attività di Vanchiglia, ospitando in teatro incontri tra la Circoscrizione 7 e il comitato della malamovida… Il teatro è solo la punta di un iceberg di un lavoro molto più profondo, che facciamo per il benessere dell’essere umano nella sua interezza.

Luigi dentro Casa Fools

Da dove bisogna ripartire per la Fase 3?

La Fase 3 deve iniziare dal salvare questi posti [piccole realtà come Casa Fools, n.d.r.]. Noi non siamo parrucchieri, che se hanno fatto un buon lavoro a quest’ora hanno l’agenda piena di appuntamenti; noi ci basiamo sull’aggregazione di persone, lavoriamo sulla comunità, senza comunità, non possiamo lavorare. Questo tipo di indotto, imprese culturali come la nostra, hanno dovuto non rimandare, ma rinunciare. Noi, prima ancora di riaprire il teatro, dobbiamo capire se abbiamo la forza di pagare quelle mura; ci troviamo in questo momento con un debito enorme e la possibilità di fare attività per un numero di persone non sufficiente a sostenere i costi della struttura.
In questo momento è l’amministrazione pubblica, che, se vuole passare a una Fase 3, deve rendersi conto che il tessuto connettivo della città è intermediato dalle attività culturali, che noi stiamo facendo un servizio pubblico. Noi siamo un motore fondamentale perché la gente si riaggreghi in maniera controllata.

Il Comune di Torino come ha gestito la riapertura?

A Torino il Comune è solo uno degli interlocutori, l’Intesa Sanpaolo e la Fondazione CRT sono soggetti determinanti per il finanziamento delle attività culturali.
Per due mesi noi ci siamo sentiti con il Comune, abbiamo avuto call ogni tanto, dove abbiamo spiegato in nostro pensiero, che avevamo bisogno sia di fondi sia di un bando che ci aiutasse a programmare, perché in questi mesi non è stato prodotto niente di contemporaneo. Sarà passata una pandemia e noi potremo solo rimettere in piedi degli spettacoli che magari abbiamo fatto l’anno scorso, privi di ragionamenti rispetto al presente, perché non ci sono stati fondi per produrre, per pagare i tecnici, gli attori, i creativi… Stiamo ricicciando fuori gli spettacoli che andavano in scena a settembre, come se nella realtà attuale settembre e oggi fosse’ ‘a stessa cos’.

Il mondo di certo è cambiato.

Sono cambiate le nostre urgenze. Il Comune ha impiegato molto tempo a pianificare un’azione, che ad oggi, non ci sembra strategica per il rilancio del settore culturale.

Cosa dobbiamo aspettarci per l’estate?

Sicuramente ci saranno una serie di eventi all’aperto. Per certi versi penso anche che si snelliranno alcune pratiche di sicurezza, perché dopo Piazza San Carlo dovevi sottostare a una serie di norme veramente stringenti. Basti pensare che il Genoa International Music Youth Festival con cui collaboro a luglio farà un concerto con orchestra sinfonica al Porto Antico. Lo Stabile produrrà degli spettacoli da fare anche all’interno del Carignano, perché essendo un teatro da 800 posti, 200 persone lì le puoi far entrare serenamente; non ti ci paghi niente, ma te lo puoi permettere grazie ai fondi pubblici.
Quello che mancherà sarà lo spazio per il fermento reale torinese. Torino ha un underground – sia musicale che teatrale – for-tis-si-mo. Ma quando parlo di underground ci metto dentro anche il Teatro Baretti, una realtà storica a Torino, non parlo di attività a titolo personale. Il nostro teatro dava lavoro più o meno a 10 persone continuativamente. Stiamo parlando di un indotto culturale che è la netta connessione tra il vivere sociale e il pensiero della civiltà. Serve dare da mangiare agli attori, ai creatori, che se non hanno da mangiare vanno a fare altro.

A questo proposito, il 30 maggio c’è stata una protesta in molte città italiane da parte dei lavoratori dello spettacolo. Quali risultati ha portato?

Secondo me, il risultato più grande della manifestazione del 30, mettendo un attimo da parte la riunione con Cirio di questa settimana, è che finalmente si parla dei lavoratori dello spettacolo. Perché non è un settore marginale, noi incidiamo sul PIL, perché per permettere il singolo spettacolo, la singola visita al museo, c’è il lavoro quotidiano di centinaia di persone. È un momento in cui sento che si sta andando verso il concreto, che c’è uno spirito di categoria che ci permette di capire quali sono i nostri diritti, i nostri doveri e i nostri obiettivi. Questa è una cosa che ci porteremo dietro ed è un risultato estremamente positivo.
Penso che alla fine la Regione si farà portavoce presso il Governo di alcune nostre richieste. Penso – in maniera un po’ cinica – che fa molto comodo a un governo regionale dell’opposizione farsi carico di malesseri locali, bisogna essere lucidi su questo per capire quali sono le mosse giuste da fare.
Ieri [lunedì 8 giungo, n.d.r.] comunque c’è stato l’incontro con Cirio, è una cosa assolutamente positiva e bisogna riconoscere anche il merito all’amministrazione di aver fissato un appuntamento in maniera molto celere.

Hai qualche idea per ripartire a settembre, dato che per l’estate i giochi si stanno già facendo?

Io credo che in questo momento stia emergendo molto forte la necessità di tornare a confrontarsi con gli altri, e che questo stia portando anche a una rivalutazione degli eventi comunitari. Andare a un concerto a stare spalla a spalla con un altro e cantare insieme lui a squarciagola quel pezzo che ti ha segnato per la vita, non è solamente un momento di intrattenimento, lì si sta cementificando un sentimento di appartenenza. Sapere che, seduto in un teatro, tu ridi della stessa cosa del tuo vicino, inconsciamente ti dà la sensazione di non essere solo. Perché si applaude a teatro? Per manifestare in tuo apprezzamento in maniera visibile, così che gli altri lo vedano e per partecipare insieme a una manifestazione di gratitudine. È dire che non siamo soli, che insieme proviamo lo stesso sentimento in quel momento.
Quindi è vero che dovremo ricominciare piano anche per tutelare la salute di tutti, ma io mi immagino il giorno in cui veramente ci saranno 10, 15, 20 spettatori che, seduti, potranno vedere davanti a loro un attore che per loro in quel momento si esibisce. A me viene da piangere solo al pensiero di una cosa del genere. Il problema sarà se ci saranno questi luoghi e in che modo saranno sopravvissuti.

Speriamo allora di poter tornare presto ad applaudire insieme.

Anna Contesso

Per saperne di più: www.casafools.it

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