Sono tempi di grandi rivoluzioni nel magico mondo dell’internet. L’ultima, ma non per importanza, ha visto come soggetto la più amata (e frustrante) piattaforma in circolazione. Proprio sull’applicazione di Instagram, da alcuni giorni a questa parte, si è verificata una sparizione: quella dei contatori di like sotto ai contenuti pubblicati. Ma come mai?
Si narra che Mark Zuckerberg, colto da un improvviso interesse per lo stato psicofisico dei suoi utenti e da un’ altrettanta improvvisa sensibilità verso l’impatto sociale delle sue aziende, abbia proposto ai suoi apostoli di eliminare il contatore dei like da qualsiasi foto o video pubblicati sulla piattaforma. Una proposta inconsueta, che i compagni non devono aver preso con troppo entusiasmo, e quindi ecco il compromesso: proviamo, e vediamo come va.
Così da alcuni giorni italiani, australiani, brasiliani, irlandesi, giapponesi e neozelandesi sono stati scelti per testare questa novità. Insomma, se anche voi non vedete più il contatore, festeggiate: siete i fortunati prescelti di questo esperimento. Gli eletti 2.0.
Immediate le risposte dei fedeli, improvvisamente divisi tra contrari e favorevoli, in uno scontro che questi ultimi sembrano aver già vinto. “Finalmente posso pubblicare senza pensieri” ; “Mark ha a cuore la nostra salute!”; “Da oggi valgo quanto Chiara F!”.
Tra i favorevoli c’è già chi festeggia la liberazione dalla moderna piaga d’Egitto degli influencer. Instagram non sarà più il regno del più bravo, del più bello, del più ricco: saremo tutti uguali, senza più numeri a differenziarci, senza più gerarchie di successo, senza pressioni di performance. E le promesse, a detta loro, sono le migliori: finiranno le guerre di like, si appianeranno le disuguaglianze social, risorgerà una community libera e felice.
Tirano un sospiro anche i più giovani, improvvisamente sollevati dall’ansia da prestazione e dalla paura dell’esclusione, finalmente liberi da quei numeri che incombevano sulle loro fotografie quantificandone un illusorio valore sociale. Nel frattempo, gli influencer tremano, spaventati dalla possibilità che la loro nuova borsa Gucci possa valere quanto un popolano zaino Invicta.
Dall’altra parte gli arrabbiati, che rivendicano il loro diritto ai big like dopo mesi ed anni di sforzi, di follower acquistati sottobanco e di infiniti #likeforlike. Alcuni, in lacrime, rimpiangono i bei tempi dei foodporn acchiappalike, altri già minacciano di lasciare la piattaforma; Mark, perdonali, perchè non sanno quello che fanno.
I più disperati, però, sono i Social Media Manager: dopo anni di università, corsi d’aggiornamento e tutorial da parte di discutibili guru dei social, si trovano improvvisamente costretti ad inventare nuove tecniche di coinvolgimento e metriche di successo. Esulta Zuckerberg, che tra i motivi di questa iniziativa ricorda: “Vogliamo stimolare la creatività dei nostri utenti!”. Se solo il loro stipendio ne valesse la pena…
Sullo sfondo di questo scontro, rimane il dubbio circa le motivazioni dell’intervento. A chi ha osato chiedere le ragioni dell’estremo gesto, Zuckerberg ha dichiarato: “Vogliamo che la gente diventi meno interessata al numero di like che un post ottiene, e si concentri di più sul connettersi con le altre persone”.
Ma non convincono tutti le parole del proprietario di quella che è stato dimostrato essere la peggior Social Media App per la salute mentale dei più giovani, definita dagli esperti come più assuefacente di sigarette e alcool.
Suona forse più come un tentativo di riparare ai danni fatti: dopo aver aiutato le persone a trasformare la propria vita in una vetrina di pose improbabili, sorrisi finti e colori sgargianti, e averle spinte a combattere una lotta per la visibilità in una guerra all’ultimo selfie a colpi di #picoftheday, oggi Zuckerberg cerca di ricordarci che non siamo numeri, ma persone, e che i like che raccogliamo non ci dovrebbero definire.
Che Mark ambisca alla santificazione?
Anna Castagna