Anche Superman era un rifugiato

Bussano alla porta. È Freddie Mercury.
Bussano nuovamente alla porta. È Amani Zreba.
Sono due personaggi che sembrano non avere punti in contatto tra loro.
Certo, chi non conosce il front-man di una delle rock band più famose nel panorama musicale di tutti i tempi?
Di Freddie ci sono noti il suo successo, la fama, i dischi, il suo nome spesso stampato sulle testate giornalistiche più importanti.
Eppure Freddie è nato col nome di Farrock Bulsara. Quando Farrock è adolescente, nel suo paese natale, Zanzibar, scoppia la rivoluzione e la famiglia Bulsara è costretta per le circostanze a prendere un aereo e ad atterrare a fine anni ’60 a Londra. E Amani Zreba?
Anche lei come Freddie ha fatto un viaggio. Un viaggio di speranza. Un viaggio per potersi garantire un futuro costellato di sogni che non può avere in un paese, nel suo caso la Libia, a causa di controversie politiche e sociali.
Ma come Amani, ci sono tante voci che vorrebbero essere ascoltate, che grazie a questo progetto edito dal “Battello a vapore”, vorrebbero comunicare chi sia il rifugiato. 12 autori e autrici assieme a illustratori ed illustratrici hanno scritto altrettante storie, ognuna percorsa da un fil rouge che mettesse in relazione la storia di un rifugiato storico, assieme a quella di un rifugiato attuale.
Questi personaggi hanno in comune il fatto di essere stati o essere tutt’ora etichettati proprio con questo termine.
Rifugiato: colui che fugge via dal proprio Paese d’origine, messo in ginocchio da guerre e rivoluzioni, per trovare rifugio in un luogo dove poter ricominciare a vivere, a sognare e a progettare un nuovo futuro con accanto nuove persone, nuove famiglie, nuovi amici.
E questo percorso viene intrapreso passo dopo passo, fatica dopo fatica, da uomini, donne e bambini che il più delle volte vedono soffocati i propri sogni, passioni e speranze nel mare o tra le dune del deserto. Come ci racconta Alidad Shiri:”per sfuggire a questa gabbia, a un destino di miseria, al rischio di finire nella tratta di esseri umani, molti giovani e sempre più famiglie partono a piccoli gruppi. […] All’inizio si paga un trafficante, da cui si dipende completamente e alle cui direttive si deve sottostare, che è collegato una lunga catena di collaboratori infidi, ognuno dei quali pretende di essere pagato di nuovo […] Poi bisogna nascondersi nei bagagliai di macchine e pullman oppure accovacciarsi sotto i sedili, stiparsi sui camion e percorrere tratti a piedi. E infine sottoporsi alle violenze di poliziotti che molto spesso rispediscono indietro i malcapitati, che però tenteranno e ritenteranno la sorte più volte.”
Proprio attorno a questa cornice ha preso forma il progetto di “Anche Superman era un rifugiato” in collaborazione con l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, L’UNHCR, per ricordarci, come disse questo supereroe, che: “I sogni ci salvano. I sogni ci elevano e ci trasformano. E sulla mia anima, giuro, che finché il mio sogno di un mondo dove dignità, onore e giustizia diventino la realtà che noi condividiamo, non smetterò mai di combattere. Mai.”
Sono stati proprio i sogni ad aiutare i protagonisti dei racconti ad affrontare imprevisti e pericoli come fece Enea da Oriente a Occidente, che trovó la sua patria in Italia. E allora perché non leggere queste storie ai nostri figli, nipoti e pronipoti per far loro capire che il proprio compagnetto di banco o l’amico con cui giocano al parco condivide le stesse passioni,anche se arriva da un paese lontano chilometri e chilometri dal nostro. Insomma, sono passati ottantacinque anni, ma Superman è sempre presente tra noi, o meglio, tanti Superman vivono con noi su questa terra, che spesso li accoglie timidamente.

Agnese Fagnani

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