Robert Zemeckis, regista di capolavori del calibro di Forrest Gump, Ritorno al futuro, Cast Away ed altri, torna sul grande schermo dopo due anni di riflessione: una nuova avventura, dopo i più recenti lavori, il romantico Allied (2016) e il sensazionale The Walk (2015).
Anche questa volta ha scelto una storia toccante e autentica in cui si narra della Vita, quella con la V maiuscola, quella vissuta intensamente in tutte le sue sfaccettature: in tutte le sue emozioni, le gioie ma soprattutto le sofferenze. Quella vita che ti prende a schiaffi, a botte, ma che, poi, all’improvviso, ti illumina il viso con un raggio di sole, asciuga le lacrime, il sudore, fa scomparire i lividi, quando meno te l’aspetti: e non ci pensi più a quanto ti ha assordato ma resti ammaliato dalla sua sinfonia.
“Welcome to Marwen”, in uscita probabilmente nelle sale italiane nel 2019, è la storia di Mark Hogancamp (interpretato da Steve Carell), un uomo di cui è difficile, e sarebbe riduttivo, dare una definizione. Mark è un Uomo: un essere gettato in questo mondo senza risposte ai suoi perché, in balia delle leggi del caso prive di logica e spesso incomprensibili. Mark è un Uomo: un essere che non sa da dove viene, non sa chi è, non sa a cosa va incontro, ma conosce perfettamente il senso che deve dare alla sua esistenza. Il più semplice e scontato possibile: vivere.
Una vita vissuta fino in fondo, nel bene e nel male. A 38 anni aveva assaporato l’amore, si era sposato ma aveva anche divorziato. Aveva assaporato, forse, troppo vino, diventando un alcolizzato, abbandonato a se stesso in una roulotte. Ma sempre e comunque vivo. A tal punto che, quella sera che gli ha cambiato la vita, le botte le aveva sentite così intensamente sulla sua pelle: un gruppo di uomini, senza pietà, quella vita gliela stava togliendo, nonostante lui avesse resistito in ogni giorno della sua esistenza. Nove giorni di coma ma si risveglia: non riesce più a parlare, non può più camminare, non ricorda più nulla. Solo e come nato di nuovo, disorientato in un mondo di cui non ricordava più nemmeno le cose più semplici. E al verde: così, Mark deve abbandonare l’ospedale e si trova ancora più perso.
Ma si rialza ancora, nel modo più speciale e suggestivo possibile. Se questo mondo non gli appartiene più, lui è pronto a crearne uno nuovo.
Il regista di questa pellicola non è stato l’unico né il primo a restare affascinato dinnanzi a questa storia: il film è infatti ispirato ad un documentario di Jeff Malmberg, “Marwencol – Il villaggio delle bambole”, che riprende il nome dato al fittizio universo creato dal protagonista di questa storia.
Un universo che lo salva dalle tragiche cicatrici inflitte dal suo destino e che gli consente di scoprire se stesso.
Dopo Forrest, dopo Wilson, dopo Philippe… un altro “antieroe” per Zemeckis, un altro uomo di cui, nella quotidianità, non riusciremmo a cogliere la sensibilità, ma che in quella magica sala del cinema non potrà che farci profondamente emozionare.
Francesca Ranieri