di Veronica Repetti
Sconsacrare una chiesa per consacrarla a qualcos’altro è considerato profano?
Ce lo spiega Andrea Robbiano, 31 anni, nativo di Novi Ligure e facente parte del Teatro del Rimbombo, che ha prelevato come sede una chiesa sconsacrata nella provincia di Alessandria. Andrea lavora anche come attore per il Grock a Milano e nelle turnèe in Italia. Inoltre, si dedica anche come insegnante di laboratori per disabili e malati psichici: ragazzi e adulti.
Dove si trova il posto? Cos’era e cos’è adesso?
Il posto si trova a Castelnuovo Bormida, un paesino molto piccolo in provincia di Alessandria. Si tratta di due luoghi che ci sono stati concessi dal comune: da una parte, il Museo del Pioppo, che però non ha mai aperto, per mancanza di fondi che non sono mai giunti, nonostante ormai fosse tutto pronto. Proprio per questo motivo è rimasta una struttura molto bella, nuova e mai utilizzata e così diventata la nostra scuola di teatro. Lì a fianco, si trovo la seconda struttura, la Chiesa della Madonna del Rosario, che è una chiesa sconsacrata da anni, moltissimi anni, tanto che la gente del posto non se la ricorda come chiesa, così per fortuna non urtiamo la sensibilità di nessuno. Noi l’abbiamo trasformata in un teatro: abbiamo fatto in modo che la zona dell’altare diventasse la zona del palco, abbiamo personalmente assemblato e messo un palco in legno, abbiamo ricoperto il soffitto di tutta la sala con dei fonoassorbenti, perché le chiese hanno tanti lati positivi, ma l’acustica non è uno di quelli. Anche perché dall’altare ci sono solo 3 punti in cui l’acustica è perfetta, che sono i 3 punti dove di solito sta il prete. Il problema è che chiaramente gli attori non possono stare fermi stabili in solo 3 punti del palco. Devono muoversi. Altro problema: la chiesa ha un’acustica buona se parla uno, i dialoghi invece vengono un disastro, a causa dell’eco che copre le parole. Abbiamo ricoperto il soffitto, infine, anche con teli neri, per abbellirlo un po’. Il palco non è eccessivamente grosso, è giusto per le nostre esigenze. Siamo anche riusciti a creare un centinaio di posti in sala. Ci siamo però accorti che vi era un problema di visibilità, quindi abbiamo predisposto tre pedane rialzate a diversi livelli, in modo che fosse possibile vedere al meglio lo spettacolo da ogni punto della sala.
Quanto ci avete messo?
La prima fase è durata 15 giorni. Il nostro gruppo è formato tutto da persone che fanno altro nella vita, a parte me. Siamo una cinquantina, direi. Abbiamo fatto in pochissimo tempo perché abbiamo aiutato tutti, in egual modo, secondo le possibilità di ognuno. Avevamo una data fissa, che io mi sono preso la briga di prendere senza consultare gli altri, che in effetti ci ha messo fretta, ma è stata una cosa giusta, perché almeno non ci ha fatto perdere tempo.
Di che data si trattava?
Un festival di scambio teatrale, ma abbiamo partecipato solo come partner, per quest’anno. Abbiamo portato il nostro spettacolo in altre sedi e altre compagnie hanno portato il loro nella nostra, tra cui una compagnia turca e una di Valenza. Prossimo anno progetto di fare scambi molto più ampi, di portare i nostri spettacoli in Polonia e in Belgio, ad esempio, perché quest’iniziativa è decisamente internazionale e stimolante.
Avete dato un nome al posto?
L’abbiamo chiamato il Teatro del Bosco Vecchio. È stata una decisione difficile, volevamo dare un nome che rispecchiasse la nostra compagnia teatrale, ma non volevamo chiamarlo come la compagnia, per non creare confusione. Volevamo andare un po’ incontro all’amministrazione, che ci aveva concesso così tanto… Decidemmo così di agganciarci in qualche modo al luogo e al territorio. Io proposi ‘il Teatro della Sconsacrata’, ma non faceva impazzire tutti. Così alla fine, dopo qualche ricerca mirata, abbiamo trovato un collegamento con il pioppo, l’albero che ha sostenuto l’economia locale per lungo tempo, anche se ora non più. Per arrivare al bosco di pioppi, vi erano vari sentieri, uno di questi era il sentiero del Bosco Vecchio e noi abbiamo scelto proprio questo, anche per ricordarci che anche il nostro è stato un percorso (il Teatro del Rimbombo compie 25 anni) e speriamo che continui al meglio con questa nuova sede.
La nuova apertura ufficiale?
Il 27 gennaio, giornata della memoria, insceneremo Farfalle, uno spettacolo sulla memoria, scritto da me personalmente. Perché sembra che in Italia si possa parlare di memoria solo in questa giornata, mentre se ne parli a Giugno ti guardano tutti storto, perciò ci siamo adeguati. Ogni mese ci sarà uno spettacolo della compagnia; per ora faremo solo spettacoli nostri, perché non abbiamo idea delle spese del posto stesso e del successo che potremmo avere, anche se incrociamo le dita a riguardo. Poi, forse, più avanti, inviteremo altre compagnie, anche perché abbiamo già ricevuto molte richieste di collaborazione. La stagione teatrale andrà da gennaio a luglio e si concluderà con uno spettacolo itinerante che comincerà nella chiesa e poi si estenderà nella piazza di Castelnuovo, qui c’è una scacchiera gigante su cui ogni anno fanno una partita di scacchi viventi; in onore di ciò, lo spettacolo avrà come tema gli scacchi e si svolgerà il giorno seguente all’evento di paese.
Fa effetto recitare in una chiesa?
Sono anni che noi adocchiamo delle chiese. Abbiamo fatto parecchi gemellaggi con una compagnia di Piacenza, gestita da miei amici, e Piacenza è piena di chiese sconsacrate, che sono diventate teatri.
Ma le hanno sconsacrate apposta per farci dei teatri?
No, beh, ma abbiamo esplicitamente chiesto qualche volta se avessero ingaggiato qualcuno abilitato a sconsacrare chiese apposta per loro. Ma invece no. E noi avevamo molta invidia a riguardo. Anche questo lo dicevamo apertamente.
Rido e ride anche Andrea.
A prescindere dal credo che ciascuno può avere, la chiesa è un luogo dove, per tantissimo tempo, le persone hanno parlato a bassa voce e c’è un’atmosfera di un certo tipo, quasi paranormale, è tangibile che quello sia un luogo speciale. Che poi lo sia per motivi religiosi o magici, non mi interessa, queste cose le senti: senti che non si tratta solo di 4 pareti. Sai che precedentemente a noi era stata installato un laboratorio di informatica nella chiesa?
In mezzo alla navata?
No, no. Ci mancherebbe. Direttamente sull’altare.
Risate.
Vabbè, dicevo, e quindi la chiesa stessa, che è un po’ vecchiotta, anche se non saprei datarla, è stata dotata di bagni per gli uomini, per le donne e per i disabili, con addirittura una rampa apposita. Inoltre è stata fornita di maniglioni antipanico. Anche per questa amiamo la nostra chiesa, è estremamente particolare e moderna. Questi accessori moderni, ci caratterizzano e ci distinguono. E nonostante tutto rimane un posto misterioso, pieno di botole chiuse, che io personalmente non voglio esplorare (insomma, ci sarà un motivo se sono chiuse, no?).
Concludo così l’intervista e mi congedo con Andrea, ringraziandolo: è stato estremamente disponibile ed esaustivo.
Nel frattempo, vi invito alla stagione teatrale imminente del Teatro del Rimbombo, la quale vi sorprenderà sia per la location inaspettata, sia per gli spettacoli proposti.